Pochi giorni prima si raccoglievano le firme di supporto, poi, è arrivato l’allarme bomba in parrocchia. Le scritte con minacce di morte e i proiettili indirizzati a don Pascal, all’arcivescovo di Cagliari, Arrigo Miglio, e al suo predecessore Giuseppe Mani. Non è stata una domenica qualsiasi a Mandas, paese del Medio Campidano, in Sardegna: era il giorno delle cresime, attesa per la festa e per l’arrivo dello stesso Miglio. Ma l’attenzione è stata deviata: di mattina chiesa evacuata e artificieri al lavoro sul sagrato, di pomeriggio il monsignore scortato dai carabinieri.

L’allarme era comunque finto e l’ordigno una scatola di cartone con fili elettrici e un foglio, ma il clima resta teso. Attorno alle tonache dei religiosi si inseguono veleni e accuse pesantissime: venti giorni fa l’ex parroco del paese, don Pascal Manca, 43 anni, è stato arrestato per presunti abusi sessuali su minori, ed è tuttora in carcere, in cella con un catechista condannato per reati simili. Per circuire gli adolescenti invitati a casa don Pascal avrebbe utilizzato un sedativo, sciolto nelle bevande, il Delorazepam, simile al Lexotan. Si dichiarava insonne e nel tentativo di non destare troppi sospetti lo faceva acquistare dalle suore.

Il sacerdote era in carica fino ad aprile nel paese vicino, Villamar: vi era arrivato dopo uno spostamento da Mandas nel 2012 che, agli occhi di molti, ha l’aria di essere una copertura arrivata dalla Diocesi. L’accusa di popolo per l’arcivescovo è chiara: chi sapeva, o intuiva, non ha fatto abbastanza per proteggere i ragazzi. Soprattutto maschi, di cui si circondava, grazie anche alle fitte attività: dalle gite fuori porta ai campi estivi. L’arresto è arrivato appunto dopo la sospensione, il sostituto procuratore Liliana Ledda ha indagato per un mese, poi l’ordinanza firmata dal Gip che ha portato alle manette, secondo cui l’uomo “non riusciva a contenere il suo impulso”, si è dimostrato “un soggetto privo di scrupoli”, ed era considerato a rischio fuga, per via dell’acquisto di un biglietto aereo per Barcellona. A incastrarlo, oltre alle voci di paese, partite da un esposto e confermate dalle testimonianze di alcune vittime, pure le tracce digitali dei suoi inviti poco pastorali: i video hard inviati ai cellulari.

E se di primo acchito le comunità si sono strette attorno al religioso, man mano sono emerse altre crepe. Come il caso di un nonno che aveva minacciato il prete per difendere il nipote e, il coinvolgimento, stando alla ricostruzione, dei piani alti del clero. Una denuncia delle attenzioni morbose che sarebbe stata scritta nero su bianco da una vittima e indirizzata a Cagliari, e a Roma. Arrivata, ma caduta nel dimenticatoio, dopo qualche vaga rassicurazione dall’arcivescovo Miglio.

Per lui ora vigilanza raddoppiata, stessa cosa per Mani, ora non più in Sardegna, che di recente si è schernito per le domande di un cronista de L’Unione sarda: “Andate a morire ammazzati”, ha detto prima di chiudere il telefono. I diretti interessati rimandano indietro le accuse, mentre si organizzano veglie di preghiera. La difesa di don Pascal addirittura cita il suo stato di salute e alcuni “scompensi sessuali” provocati, probabilmente, dai medicinali assunti per il morbo di Parkinson. Ma niente da fare: è stato deciso che resterà in carcere e non in convento, come chiesto al Tribunale del riesame.

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