“Vedrai che non ti faccio più vedere il figlio!”. Molte delle separazioni che segnano la fine di una relazione sentimentale, si concludono così. Molte e da molto tempo.

Insegnano ai convegni gli studiosi del fenomeno, sin dalle origini, che l’alienazione del rapporto genitore-figlio e dunque del figlio al genitore e specularmente del genitore al figlio, sino a qualche decennio fa, venisse spesso realizzata dagli uomini in danno delle donne. Poi il fenomeno si è ribaltato ed oramai è di dominio pressoché delle donne-madri. In passato forse gli uomini tendevano ad esercitare un potere, intendendo affermare un arcaico maschilismo. Da decenni invece le donne hanno invertito il trend, implicitamente rivendicando rigurgiti di parità.

Allora quanto oggi l’alienazione di un figlio in danno di uno dei genitori è non sbagliata e grave. Grave perché va ad incrinare, spesso demolire, almeno due diritti fondamentali quali quelli della bigenitorialità e della genitorialità (entrambi coperti costituzionalmente dagli artt. 2, 29, 30 Cost.). L’alienazione annulla, disintegra, svuota, disorienta, eviscera un essere umano. E ne scrivo non per sentito dire ma perché anni fa l’ho personalmente vissuta e da tempo seguo casi di alienazione.

La proposta Hunziker-Bongiorno è chiara, chiedendo l’introduzione nel Codice Penale dell’art. 572 bis ((Abuso delle relazioni familiari o di affido): “Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni chiunque, nell’ambito delle relazioni familiari o di affido, compiendo sul minore infraquattordicenne ripetute attività denigratorie ai danni del genitore ovvero limitandone con altri artifizi i regolari contatti con il medesimo minore, intenzionalmente impedisce l’esercizio della potestà genitoriale. Se il fatto è commesso con violenza o minaccia reiterata, si applica la pena della reclusione da uno a quattro anni. Se dal fatto deriva una rilevante modificazione dell’equilibrio psichico del minore, le pene sono aumentate. Le pene sono aumentate da un terzo alla metà, se il fatto di cui ai commi precedenti riguarda un minore di anni dieci o con disabilità ai sensi dell ’art. 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104. Il delitto è punibile a querela della persona offesa.”

La proposta ha scatenato subito una guerra santa tra negazionisti e non. C’è chi ha richiamato a sproposito la Cassazione e Richard Gardner, studioso della PAS, legittimando il proprio sdegno col richiamo tombale del manuale sui disturbi comportamentali DSM che non darebbe piena valenza alla PAS. S’impone chiarezza scientifica su un dibattito che è di straordinaria importanza poiché può coinvolgere milioni di italiani (il 45% delle coppie si separa e ciò interessa ogni volta almeno 3/7 soggetti tra genitori, figli e nonni).

Il riconoscimento scientifico della PAS è solo parte del problema poiché l’alienazione non sempre si manifesta in una vera e propria sindrome patologica. Possono contrastare l’insorgenza della PAS sia la resilienza del minore, sia la durata dell’alienazione, che altri fattori. Tuttavia l’alienazione se reiterata e durevole può risultare devastante, tanto per il minore quanto per il genitore (si pensi a un genitore che non riesca a vedere il figlio o ad avare rapporti equilibrati e continuativi con lo stesso per mesi).

Nel manuale DSM-5 l’alienazione è comunque oggetto di attenzione poichè quanto ai “Problemi correlati all’allevamento dei figli” [V61.20 (Z62.820) Problema relazionale genitore-bambino] è scritto che “Tipicamente, il problema relazionale genitore-bambino viene associato a una compromissione del funzionamento in ambito comportamentale, cognitivo o affettivo. Esempi di problemi comportamentali comprendono inadeguato controllo genitoriale, supervisione e coinvolgimento del bambino; iperprotezione genitoriale; eccessiva pressione genitoriale; discussioni che possono sfociare in minacce di violenza fisica ed evitamento senza soluzione di problemi. Problemi cognitivi possono comprendere attribuzioni negative alle intenzioni altrui, ostilità verso gli altri o rendere gli altri capro espiatorio, e sentimenti non giustificati di alienazione. Problemi affettivi possono comprendere sensazioni di tristezza, apatia o rabbia verso gli altri individui nelle relazioni. I clinici dovrebbero tenere in considerazione le necessità di sviluppo del bambino e il contesto culturale”.

Non è vero che la giurisprudenza abbia stroncato l’alienazione genitoriale. Infatti prestano attenzione alle gravissime conseguenze tanto quella di merito (Trib. Alessandria, sent. n. 318/1999 in un caso di alienazione realizzata dall’uomo-padre; Trib. Matera 11.2.10 in un caso di alienazione realizzata dalla donna-madre) che quella di legittimità (Cass. n. 5847/2013). E’ invece critica sempre la Cassazione (Cass. n. 7041/2013) laddove debba dare ingresso alla Pas in assenza di chiarezza del manuale DSM-4.

Il Papa, unica autorità morale mondiale, si è così di recente speso: “È ancora più difficile per i genitori separati che sono appesantiti da questa condizione; poverini hanno avuto difficoltà, si sono separati e tante volte il figlio è preso come ostaggio: il papà gli parla male della mamma e la mamma gli parla male del papà, e si fa tanto male. Dirò a voi che vivete matrimoni separati: mai, mai, mai, prendere il figlio come ostaggio, voi siete separati per tante difficoltà e motivi, la vita vi ha dato questa prova, ma che i figli non siano quelli che portano il peso di questa separazione. Che i figli non siano usati come ostaggi contro l’altro coniuge, che i figli crescano sentendo che la mamma parla bene del papà anche se non sono più insieme, e che papà parla bene della mamma; questo è molto importante e molto difficile, ma potete farcela”.

L’alienazione parentale riassume in sé un nodo cruciale del diritto di famiglia: non affrontarlo significa legittimare (e armare) chi usa un fallimento sentimentale per compiere gravi illeciti, contando sulla impunità. E’ invece necessario disarmare entrambi i contendenti e ristabilire equilibrio e tutela di diritti fondamentali. Per il bene di tutti. Soprattutto dei minori.

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