Il belga Philippe Gilbert, grandissimo cacciatore di classiche del Grande Nord e campione mondiale su strada a Valkenburg nel 2012, ha vinto la tappa che voleva vincere e può dirsi soddisfatto e rimborsato, la sua incursione al Girum 2015 ha avuto successo, per di più in una cornice ambientale tipicamente da “Le plat pays”, come cantava, con struggente sentimento, l’immortale Jacques Brel, suo connazionale: pioggia torrenziale, freddo, discese viscide come il sapone (un sacco di cadute in cui sono rimasti coinvolti Simon Gerrans e Davide Formolo): anche la media della tappa è stata piuttosto elevata, visto in quali condizioni si è svolta, ben 43,396 chilometri l’ora.

Ma chi è ha vinto qualcosa di più è Alberto Contador, tornato El Pistolero dopo essere stato per una settimana El Doloroso. Oggi però chiamiamolo El Gaudioso. Il motivo? Sotto il diluvio che ha flagellato per gran parte del percorso la dodicesima tappa da Imola a Vicenza (190 chilometri), in un finale perfido e micidiale adatto ai “colpetti” di mano, negli ultimi asfissianti quattrocento metri dove la strada s’impennava fin sotto il traguardo con pendenze di oltre l’11 per cento, El Gaudioso ha agguantato il secondo posto dietro l’imprendibile Gilbert, conquistando 6 preziosi secondi di abbuono. Soprattutto ha staccato Fabio Aru, che ha ceduto appena la salita si è incattivita, perdendo 8 secondi: una botta non tanto per il distacco in sé, quanto per il morale, per l’equilibrio mentale. Per l’autostima. In totale, El Gaudioso ha guadagnato sul sardo 14 secondi e adesso in classifica Aru busca 17 secondi. Un temporale all’arrivo. E in classifica.

Non è tutto: Aru è apparso in palese difficoltà non soltanto nel finale, ma anche in altre situazioni: “Mi sono accorto che faceva fatica a rimontare, sono rimasto alla sua ruota sino a seicento metri dall’arrivo, sono andato avanti”, ha spiegato El Gaudioso con estrema chiarezza, senza infierire sull’avversario, “l’ho fatto per questa maglia rosa che amo tanto e che voglio portare sino a Milano”. Come a dire: forse ho vinto questo Giro qua a Vicenza, ai piedi del santuario di Monte Berico. El Gaudioso può solo perderlo questo Girum. Aru deve vincerlo. E come sta messo in questi ultimi due giorni, pare abbastanza complicato riuscirci. Inoltre, se Richie Porte è stato sloggiato dai piani alti della classifica per la questione del cambio ruota, non lo è dalla corsa. Così come Rigoberto Uran Uran, riapparso in pieno recupero.

Aru dovrà difendersi da questi due, più che da Contador. Il giovane sardo ha cercato di minimizzare la crisi, si è giustificato con l’alibi del calo di zuccheri a qualche chilometro dall’arrivo, “era difficile rifornirsi, col tracciato piuttosto tormentato e la pioggia a renderlo più pericoloso”. Ma è chiaramente una balla. Per tutta la tappa i suoi dell’Astana gli hanno fatto corona, hanno cercato di limitare i danni, lo hanno “protetto” fin quando sono riusciti a stargli accanto. Se avesse avuto bisogno di zuccheri, uno qualsiasi dei suoi poteva facilmente procurarglieli, e poi, che ci fanno le ammiraglie? Forse l’Astana ha sbagliato strategia, nella prima settimana, e Aru ha sprecato troppe energie. Contador, invece, ha corso di rimessa. Vuoi, perché costretto dalla caduta di Castiglione della Pescaia. Vuoi perché ha valutato il ristretto lotto degli avversari capaci di impensierirlo.

Sabato c’è la temutissima cronometro. Spauracchio di tutti. Ma non di Contador, che in passato si persino concesso il lusso di battere uno come Fabian Cancellara. Non di Uran Uran, che ha vinto lo scorso anno da Barbaresco a Barolo, ubriacando gli avversari. Non da Porte, che sa ben difendersi nelle corse contro il tempo. La Grande Paura ce l’ha addosso Aru. Voleva arrivarci indossando la maglia rosa che ha di solito una funzione psicologica molto importante, oltre che permetterti di partire per ultimo conoscendo quel che hanno fatto o stanno facendo i tuoi rivali. La crono al Prosecco è assai lunga, quasi sessanta chilometri (59,4 per essere precisi), i primi trenta di pianura, da Treviso a Conegliano, poi una salita di cinque chilometri con pendenze al 7 per cento subito dopo Conegliano e continui saliscendi sino a Valdobbiadene. Occorre sapersi gestire molto bene. Aru manca di esperienza, Contador ne ha da vendere. Il Giro vero è cominciato oggi pomeriggio e ha già dato la sentenza, Gilbert a parte.

Terzo, al traguardo di Vicenza, si è piazzato Diego Ulissi della Lampre, grande finisseur. Ha pagato gli sforzi di un intenso e dispendioso inseguimento per agganciare il gruppetto della maglia rosa, senza avere l’appoggio fondamentale e fondamentalista dei compagni di squadra. Al contrario, Gilbert aveva attorno una guardia “rossa” (il colore della maglia Bmc) piuttosto nutrita, e si è visto come il gioco di squadra gli ha permesso di raggiungere ed infilzare a 450 metri dall’arrivo l’estone Tanel Kangert, uomo dell’Astana di Aru, mandato avanti per tentare di vincere e togliere almeno l’abbuono “pesante” di 10 secondi. Perché ci si era accorti che Contador stava bene e il timore era che addirittura andasse lui a vincere la tappa…poi Gilbert ha regolato la compagnia danzante, ma i timori erano fondati.

Erano invece affondati i gregari di Ulissi, che pure si erano dati un gran daffare all’inizio della tappa. Appena il ritmo è progressivamente cresciuto, i Lamprotti sono scivolati dalla pancia del plotone alla coda. Il gruppo si è quindi spezzato, la pioggia ha complicato gli inseguimenti. Maggio è un mese dispettoso. In meno di giorno si passa dal caldo estivo al fresco autunnale, i segni del (mal)tempo incidono come e più delle salite, se non si sa come padroneggiarli. Ne ha fatto le spese il nostro amico etiope Tsabu Gebremaryam Grmay, per la prima volta in questo Giro arrivato con gli ultimi, 167esimo su 184, a 17 minuti e 21 secondi. Non è come sugli altipiani del Tigré, o attorno a Macallé. Le condizioni del tempo, al Giro, rimangono ineludibili anche per il ciclista più tecnologico. Così, peggiora la posizione in classifica generale del corridore abissino: è 75esimo, a un’ora 24’45” dalla maglia rosa. Precede il compagno di squadra Manuele Mori, davanti ha il bravo Enrico Battaglin. Purtroppo, Grmay peggiora di un posto pure nella classifica dei migliori giovani, ora Tsabu è dodicesimo. Non multa, sed multum, come diceva Plinio il Giovane. Eccellente consiglio per apprendere bene. Il Giro è scuola di vita, oltre che di pedale.

Articolo Precedente

Annarita Sidoti, l’ultima marcia dello ‘Scricciolo d’Oro’

next
Articolo Successivo

Calcioscommesse, l’eterno ritorno difficile da debellare. O quasi

next