Ieri a Sciò Business si parlava del pubblico degli over 65 che resta fedele alla Rai, anzi a Rai Uno e supponevamo che la ragione di tanta tenacia risieda nell’imprinting adolescenziale della generazione cresciuta con il monopolio Rai etc etc. Insomma, i primi arrivati davanti agli schermi della tv in Italia hanno sì accolto tutto il molto che è seguito (tv commerciale, pay tv, moltiplicazione dei canali e delle piattaforme) ma senza mai rompere con il primo amore, quello che non si scorda mai.

Nel contempo osservavamo che gli ultimi arrivati, ovvero gli immigrati, Rai Uno non la considerano affatto. Non ha fatto parte dei loro ricordi, non fa parte del loro presente. Appena il 5% le volge lo zapping di sera, esattamente la misura concessa alle altre offerte, con due vistose eccezioni: la prima, ovvia per degli immigrati, costituita dalla tv satellitare, che ne raduna il 30%, e la seconda sorprendente perché si tratta di Canale 5. Insomma, i futuri nuovi italiani cercano la loro lingua sul satellite e quella nostra preferiscono impararla dai doppiatori de Il Segreto e dai telecronisti della Champions piuttosto che da Carlo, Milly e Antonella.

Ma oltre ai nonni e agli immigrati c’è il resto degli italiani, la maggioranza. E questi, lo abbiamo controllato, vanno raramente a visitare mamma Rai. Fra i giovani da 20 a 24 anni Rai Uno arriva all’11% e la Rai nel suo insieme di canali e canaletti rastrella in tutto il 25%. Forse perché i ragazzi, come si dice, sfuggono alla tv? Neanche per sogno, perché Canale 5 da solo ne richiama il 21% e Mediaset nell’insieme arriva al 44%. Saliamo d’età e prendiamo i fratelli maggiori, fra i 25 e i 34 anni: Rai Uno qui scende al 9% e il totale Rai si fissa al 26%. A Mediaset invece continuano a stappare bottiglie perché Canale 5 si conferma al 21% e la ditta raduna un tondo 42%.

Solo dopo i 45 anni (e fino ai 54) lo zapping comincia a cercare un po’ di più la Rai: Rai Uno vede il 13% e Rai Due e Rai Tre prendono un bel respiro. Così, canaletti compresi, il servizio pubblico arriva al 32%. Mentre Mediaset si accontenta del 39%, che comunque è sempre, e di gran lunga il primo posto. La gerarchia comincia a invertirsi quando si siedono in poltrona quelli che hanno compiuto 55 anni. Tra questi Rai Uno è a pari merito con Canale 5 (17%) e la Rai nell’insieme, col 41%, scavalca il partner del duopolio che si accontenta del 34%. Premessa del trionfo dell’ente pubblico, di cui si è detto, nella successiva fascia d’età degli over 65, con Rai Uno al 26%, Canale 5 al 16%, il gruppo Rai al 45% e Mediaset al 32%.

Questi i dati. Sulla interpretazione ci si può ovviamente dividere. A noi pare che inequivocabilmente segnino la necessità di un profondo cambiamento delle linee editoriali del servizio pubblico, e quindi della distribuzione delle sue risorse, e quindi della sua più intima e diffusa struttura. Un cambio di priorità strategico, tanto temerario da affrontare quanto indispensabile da realizzare. Perché è vero che – come decantava ieri un corrivo ospite straniero audito in merito al Senato – la Rai, rispetto agli altri servizi pubblici televisivi, offre con quattro soldi tantissimi canali e tiene bene o male la quota e il ruolo di tv dei nonni che il duopolio le assegna. Ed è vero che si tratta di un miracolo. Ma è quello sbagliato.

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