Il terrore, a Siena, ora corre sul filo del telefono. E dei pc. Nei giorni scorsi – scrive l’agenzia Ansa – a Palazzo Sansedoni, sede della Fondazione Mps, tutte le stanze sono state passate al setaccio da un’azienda specializzata nell’individuazione di cimici e microspie. Una particolare attenzione è stata riservata agli uffici del presidente Marcello Clarich e del direttore generale Enrico Granata. Si tratterebbe di una bonifica programmata da tempo, non la prima e probabilmente neppure l’ultima. Perché le bonifiche sarebbero diventate ormai una routine messa in atto ormai da qualche anno dai vertici dell’ente senese che possiede il 2,5% del capitale di Mps ma è alleato in un patto di sindacato che controlla il 9% della banca con i soci sudamericani Btg e Fintech.

Non solo. Secondo quanto risulta a ilfattoquotidiano.it, all’ultima riunione della Fondazione, i membri della Deputazione generale hanno dovuto firmare una clausola di riservatezza in quanto persone con informazioni sensibili. L’obiettivo di tutta questa prudenza è quello di evitare fughe di notizie anche per non ripetere gli errori del passato: nel marzo dell’anno scorso, infatti, la Deputazione amministratrice aveva deliberato di presentare “querela contro ignoti in merito alla fuga di notizie sulla stampa sull’azione di responsabilità nei confronti dei componenti dei precedenti organi, verificatesi a seguito della riunione della Deputazione generale del 27 febbraio scorso”. Gli articoli di stampa a cui si faceva riferimento, riportavano consistenti estratti di documenti riservati sulla valutazione dell’attività pregressa.

Di certo il clima, in vista del varo dell’ennesimo aumento di capitale da tre miliardi, è caldissimo: Clarich e la deputazione amministratrice dovrebbero comunicare entro i primi giorni della prossima settimana, se non già tra venerdì e sabato, la loro decisione sull’adesione o meno alla ricapitalizzazione. La preoccupazione è dunque che nessuno possa avere informazioni sensibili prima delle comunicazioni ufficiali alla Consob per evitare di influenzare il mercato ma, soprattutto, di avvantaggiare eventuali concorrenti o possibili compratori. In realtà per il momento non si intravede all’orizzonte un affollamento di soggetti interessati a entrare nel Monte che fra l’altro il 19 maggio ha incassato da Fitch un sonoro taglio del rating da BBB a B-, ovvero a livello “junk” (spazzatura). Secondo l’agenzia, “i crediti deteriorati rappresentavano circa il 30% degli impieghi lordi a fine 2014 e mettono pressione significativa sia alla redditività della banca sia alla capitalizzazione”. Fitch si aspetta quindi che la qualità dell’attivo di Mps “continui a deteriorarsi, anche se a un ritmo ridotto”. Una dote non proprio seducente per l’istituto di Rocca Salimbeni alla ricerca di un principe azzurro – o cavaliere bianco – che la risvegli dal lungo coma in cui è sprofondata.

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