Una spada di Damocle da 185 milioni di euro: una multa targata Unione Europea, pronta ad abbattersi sulla Regione Siciliana, incapace di dotarsi di depuratori a norma. È questo il rischio concreto che ha portato il governo centrale a commissariare l’Isola sulla gestione del trattamento delle acque reflue. Un commissariamento annunciato da settimane, ma che è stato formalizzato nelle scorse ore: il premier Matteo Renzi, però, non ha nominato commissario il governatore Rosario Crocetta, come prevede la prassi, preferendo puntare invece sull’assessore siciliano all’Energia Vania Contrafatto. Un particolare pesante, dato che l’ex pm della procura di Palermo è stata inserita in giunta nel novembre scorso su indicazione di Davide Faraone, il sottosegretario all’Istruzione, luogotenente di Renzi in Sicilia. Dopo la nomina di Alessandro Baccei ad assessore al bilancio, in pratica, Faraone e il giglio magico renziano aumentano ulteriormente la loro influenza sul governo siciliano. Nelle scorse settimane il premier Renzi aveva messo nero su bianco la volontà di commissariare la Sicilia sul tema dei depuratori, per evitare che si verificasse di nuovo la batosta del 2012: all’epoca la corte di giustizia dell’Unione europea aveva condannato 57 comuni siciliani (27 completamente sprovvisti di reti fognarie) per non aver rispettato le direttive di Bruxelles sul trattamento delle acque reflue urbane. Adesso all’orizzonte è comparso anche lo spettro di quella maxi sanzione pecuniaria: ben 185 milioni di euro, se l’Isola non si adeguerà entro il 2016.

E dire che da quasi tre anni, Bruxelles ha erogato un miliardo e seicento milioni di euro per finanziare 94 progetti di depurazione in Sicilia: oggi, però, soltanto in 14 casi quei progetti sono diventati cantierabili. Ecco quindi che Renzi ha scelto la via del commissariamento, esautorando di fatto il governatore Crocetta, e dando i pieni poteri a Contrafatto, su input di Faraone: una manovra squisitamente politica, che ha permesso ai renziani di aumentare il loro peso specifico sull’isola. “Che a gestire questa fase sia l’assessora in quota Faraone, il presidente della Regione o Renzi in persona è questione che interessa gli equilibri interni al Pd: quello che noi vorremmo sapere è quando i siciliani potranno contare su un servizio di depurazione efficiente e dignitoso, ma su questo non sembrano esserci certezze”, attacca il deputato di Sel Erasmo Palazzotto. Lotte di potere a parte, adesso è comunque il momento di correre contro il tempo: spetterà all’assessore-commissario Contrafatto l’impresa di evitare quella maxi multa. Impegno molto difficile dato che, come spiega l’eurodeputato del Movimento Cinque Stelle Ignazio Corrao, “l’Unione europea ha avviato una procedura di infrazione ai danni dell’Italia per il mancato rispetto della direttiva comunitaria concernente il trattamento delle acque reflue urbane che coinvolge 175 agglomerati urbani siciliani”: sono in pratica i centri con depuratori non a norma, o completamente inesistenti. La statistica fornita dal Ministero dell’Infrastrutture è ancora peggiore: secondo i dati diffusi dal dicastero dell’altro renziano Graziano Delrio, ogni dieci comuni siciliani, ben sei continuano ad essere sprovvisti di sistemi di depurazione a norma. Entro un anno e mezzo la situazione dovrà quindi essere risolta: in alternativa, quella spada di Damocle targata Bruxelles e pronta ad abbattersi sulle già esangui casse di Sicilia.

Articolo Precedente

Ddl ecoreati, Beppe Grillo entusiasta lancia il D-Day

next
Articolo Successivo

Itri, il mitreo minacciato dalla cava che diventerà discarica

next