A Campitello Matese, quota 1430, ha vinto il basco Benat Intxausti della Movistar. Ma non ha perso Alberto Contador, che alla vigilia di quest’ottava tappa con secondo arrivo in salita pareva essere vittima sacrificale dopo il brutto ruzzolone a pochi passi dal traguardo di Castiglione della Pescaia, anzi della Cadutaia…Nessuno, infatti, è riuscito a fargli più male della sua spalla sinistra sub lussata. Persino quando è rimasto solo senza compagni di squadra, nella fase cruciale dell’arrampicata finale, El Doloroso ha rintuzzato caparbiamente i velleitari attacchi di Fabio Aru che alla fine ha mandato all’arrembaggio il luogotenente Miguel Landa Meana, già ben messo in classifica.

Tanto rumore per nulla. Meana ha guadagnato 15 secondi, ma ha speso tante energie ed è arrivato secondo. Terzo, si è piazzato uno svizzero tosto, Sébastien Reichenbach, a 31 secondi. Poi, la crème un po’ brulée dei migliori – i favoriti: un quintetto che ha tagliato il traguardo a 35 secondi da Intxausti. Aru si è impegnato in un’inutile sprint per il quarto posto e ha battuto l’acciaccato Contador che ha preceduto il tasmaniano Richie Porte, il quale saggiamente, si è ben guardato dallo spremersi più di tanto. Insieme ai big (si fa per dire: sinora brillano poco), il redivivo Rigoberto Uran Uran seguito dall’intendenza dell’Astana, ossia il bravo Dario Cataldo, ottavo.

Se un Contador infortunato tiene botta in questo modo, figuriamoci quando starà meglio…l’Astana ha tirato gli ultimi chilometri ma El Doloroso restava incollato alla truppa di Aru, e forse gli ha dato una mano questo pomeriggio la potente Sky di Porte, sornione arbitro della tenzone fra le maglie azzurre dell’Astana e quelle gialle della Tinkoff. Sovente, tra i due litiganti il terzo gode…

Morale della favola: non solo non è capitolato, El Doloroso, ma ha addirittura raddoppiato il suo vantaggio in classifica generale su Aru. Il sardo era staccato di due piccolissimi quanto significativi secondi, gli sarebbe bastato un nulla per strappare la maglia rosa a El Doloroso, viste le sue menomate condizioni fisiche e il terreno di gara gli era, sulla carta, abbastanza favorevole.

Non ha fatto i conti col carattere indomito di El Doloroso. L’aspirante campione ha sottovalutato le profonde risorse psicologiche di Contador. E la sua esperienza. C’era un innocuo, all’apparenza, traguardo volante in quel di Sora, Ciociaria. El Doloroso ha sprintato e portato a casa un abbuono di due secondi. Quisquilie. Tuttavia, questo gesto d’orgoglio non è stato gratuito. Era un messaggio chiaro e tondo: anche se ferito, il padrone della corsa resto io. Appena guarisco, non ci sono confronti.

Probabilmente è troppo presto dire che, passata la bufera, l’indenne spagnolo abbia ipotecato il Girum 2015. Però oggi il segnale che ha lanciato è questo: speravate che crepassi, invece sono di nuovo pronto a combattere. Sofferente in sella, sorridente a terra. Alla premiazione è riuscito ad infilarsi la nuova maglia rosa, sia pure faticosamente, segno che il braccio e la spalla gli fanno meno male, rispetto a Fiuggi.

Semmai, ha potuto misurare la (in)consistenza degli avversari. A meno che non avessero machiavellicamente deciso di illudere El Doloroso, un bluff alla rovescia per convincerlo ad abbassare la guardia domani, visto che in programma c’è un’abbuffata di salite, una di prima categoria…in effetti, non ho avuto l’impressione che gli scattini di Aru fossero velenosi più di tanto, erano insolitamente brevi, come assaggi; tanto che El Doloroso li ha stoppati agevolmente: “Il tempo gioca a mio favore”, ha sintetizzato El Doloroso, “sapevo che mi avrebbero attaccato, io ho cercato di difendermi, un po’ meno a contrattaccare…non sto bene in bicicletta, e si vede…vado a letto col braccio immobilizzato e devo stare attento a non fare movimenti bruschi: ho avuto momenti migliori”.

Il ciclismo parlato di El Doloroso è come il suo modo di pedalare, alzandosi sul manubrio, in punta di pedali: punzecchia, ironizza. La grande paura gli è passata, restano i dubbi sulle conseguenze dell’infortunio: “La lunga cronometro da Treviso a Valdobbiadene, sabato 23 maggio, doveva essere uno dei miei punti di forza, ora come ora potrebbe rivelarsi un momento difficile per me, per via della posizione e delle sollecitazioni molto particolari quando si affrontano le velocità contro il tempo”.

E comunque, le preoccupazioni sono ancora contingenti. Domani, lo attende un’altra tappa assai dura, forse più maligna di quella che si è conclusa a Campitello Matese: i quattromila metri complessivi di dislivello da Benevento a San Giorgio del Sannio non sono la migliore delle terapie per guarire da una sub lussazione alla spalla sinistra, tuttavia quando la volontà è più forte del dolore, pesti duro sui pedali, e vai lo stesso.

Chi oggi non è andato come speravo è il buon amico etiope Tsabu Gebremaryam Grmay. Eppure la strada s’impennava, come piace a lui, almeno così mi aveva raccontato ieri, parlando delle salite e del fatto che in Etiopia è abituato ai vantaggi aerobici dell’altopiano di casa sua, a Macallé (oltre duemila metri d’altitudine)…perché oggi, a Campitello Matese è arrivato 17 minuti e 19 secondi dopo Intxausti, ottantasettesimo, ha passato la linea d’arriva assieme ad altri quindici corridori attardati come lui, il che l’ha penalizzato tristemente in classifica generale, dove ha perso dieci posizioni secche ed è cinquantunesimo.

Il cronometro è un giudice tanto imparziale quanto feroce: il distacco dalla maglia rosa è ora di 36 minuti e 39 secondi, lo precede Matteo Montaguti, lo segue Francesco Gavazzi. Né può consolarlo che Ivan Basso è lì lì con lui, al 54esimo posto. Ma oggi gli toccavano compiti gregariali, nessuna iniziativa dispendiosa gli era richiesta, e questo può essere l’alibi della sua prestazione. In fuga c’erano tre corridori. Dietro, ad inseguirli, altri nove. Il gruppo della maglia rosa galleggiava lontano, ad oltre otto minuti. Uno di questi nove inseguitori era il compagno di squadra Przemyslaw Niemiec che è stato a lungo maglia rosa virtuale.

I nove non sono riusciti ad agganciare il trio di testa, mentre intanto il gruppo aumentava il ritmo e il distacco scendeva rapidamente. In testa alla corsa restava l’olandese Steven Kruijswijk, dietro i nove progressivamente finivano impallinati dalla fatica. Niemiec provava a resistere ma è rimasto con le gambe di pietra. Ha ceduto ed ha perso altri minuti esiziali: in classifica busca 10 minuti e 24 secondi da Contador, insomma, missione fallita.

Probabilmente hanno nuociuto i festeggiamenti per la vittoria di Diego Ulissi, si è brindato parecchio in casa Lampre ieri sera. Nell’ultima mezz’ora di tappa, un po’ tutti i Lamprotti hanno pagato pegno. Persino nella classifica della maglia bianca Grmay è sceso di una posizione, ora è settimo, mentre il compagno di stanza Jan Polanc è quarto. In testa, Aru, seguito da Davide “Roccia” Formolo e Johan Esteban Chaves Rubio: “Quello che mi importa è imparare a gestire le proprie forze e a rispettare le consegne delle squadra”, dice pacatamente Tsabu, la prima grande corsa a tappe è come il primo amore, non si dimentica mai.

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