Sono tanti i profughi che sbarcano sulle coste italiane, ma pochi vogliono restare: la meta sognata è la Germania e, più in generale, l’Europa del nord, dove possono ricongiungersi ai famigliari e ottenere migliori condizioni d’asilo. Così, visto che le regole europee impongono che il richiedente asilo rimanga nel primo Paese dove viene identificato, la direttrice ferroviaria del Brennero diventa una vera e propria tratta della speranza per i profughi che cercano di sfuggire alle maglie del sistema di accoglienza italiano. “Vengo dalla Somalia, scappo dalla guerra e dalle persecuzioni, cerco la pace in Europa”, racconta uno di loro, che viaggia con un regolare biglietto. La “trilaterale”, un terzetto di forze dell’ordine costituito da un austriaco, un italiano e un tedesco, tuttavia, è inflessibile: senza documento d’identità non si può proseguire e i profughi vengono portati in caserma. Qui, dopo una prima procedura preliminare d’identificazione, dovranno ripresentarsi volontariamente per aprire la procedura d’asilo: ma su 6000 persone fermate nell’ultimo anno nessuna l’ha fatto. La speranza di farcela infatti, superando i controlli al confine austriaco, non muore: la prima parte del racconto di Giulia Cerino

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