Il gigantesco murales di Blu sulla parete del centro sociale Xm24 raffigura un’apocalittica Bologna-Mordor in cui si consuma quello che chiamano l’epico scontro tra la cittadinanza -banchieri e macellai, celerini e controllori, mitologiche creature metà uomo e metà registratori di cassa- e l’esercito di coloro che stanno fuori dalla legittimazione della normalità borghese, muniti di biciclette, bandiere no Tav, libri-scudo e casse da rave party trasportate sui carrelli della spesa. A pochi metri di distanza la stazione dell’Alta velocità –cuore di quel processo di gentrification di cui l’opera dello street artist è simbolo e avamposto di resistenza (il muro avrebbe dovuto essere abbattuto per lasciare spazio a una rotatoria) e il nuovo comune sorto sulle ceneri del Link, leggendario laboratorio di creatività e avanguardia che negli anni Novanta diede a Bologna un posto di primo piano nel panorama della cultura underground internazionale. E ancora più in là, nel reticolo di strade e stradine che lo compongono, la sala comunale nella quale Occhetto consumò in solitaria lo strappo che di lì a poche settimane avrebbe mandato in soffitta il Partito Comunista Italiano.

Benvenuti alla Bolognina, più che un quartiere un luogo simbolo del capoluogo emiliano romagnolo, quello che più di ogni altro forse oggi vive sulla sua pelle complessità, contraddizioni ed opportunità della periferia urbana contemporanea, multietnica, multiculturale, sottoposta ad inarrestabile cementificazione. Non è un caso che proprio alla Bolognina sia nata l’idea di un festival di arte urbana: è B.a.u.m, acrostico per Bolognina Arti Urbane in Movimento, ma pure la parola tedesca per “albero”, che è infatti il logo della manifestazione. Una tre giorni (8, 9 e 10 maggio) costruita come un mosaico di eventi culturali: presentazioni di libri, mostre e performance artistiche, concerti e reading teatrali per le strade e le piazze del quartiere, per disegnare una nuova narrazione urbana. “L’idea del festival nasce da lontano” racconta Marco, uno degli organizzatori, tutti giovani, di età compresa tra i 16 e i 30 anni. “Da diversi anni ci occupiamo attivamente di promuovere interventi di tipo culturale sul quartiere, coinvolgendo gli abitanti: da qualche anno abbiamo dato vita alla rivista culturale on line Bolognina Basement (bologninabasement.it), che si occupa di dare visibilità a quelle produzioni culturali che stentano a trovare altri spazi”. Proprio negli scantinati della rivista è nata l’idea di B.a.u.m., per il quale fondamentale è stato l’incontro con altre realtà locali, come On the Move, laboratorio hip hop nato come progetto del coordinamento migranti della città, che usa la musica, racconta Marco, per portare avanti battaglie come il riconoscimento della cittadinanza per i figli di migranti e promuovere l’integrazione.

Tema delicato, dato che molto spesso il quartiere sale alla ribalta delle cronache cittadine per episodi di spaccio e microcriminalità che vedono spesso protagonisti gli extracomunitari. “Abbiamo un contatto diretto con gli abitanti del quartiere” dice Marco “tant’è vero che uno dei luoghi di B.a.u.m. sarà il mercato rionale di via Albani, luogo dove le diverse anime del quartiere si incontrano quotidianamente, anche quelle sulla carta più refrattarie all’apertura verso straniero. C’è una complessità di posizioni che vogliamo accogliere e mettere in discussione, e l’arte ci sembra lo strumento migliore per farlo”. Un Festival, insomma, che diventi un mezzo per creare reti e cancellare, dicono gli organizzatori “le linee immaginarie che dividono lo spazio in zone per bene e zone per male”. Ad aprire il Festival è stato un reading teatrale sulla città di Bologna su testi del collettivo Wu Ming, mentre tra gli ospiti musicali Egle Sommacal, storico chitarrista dei Massimo Volume. Per il programma completo si rimanda alla pagina Facebook dell’evento.

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