La gettatezza mi ha fatto nascere a Milano, la città della moda. Non seguo la moda, preferisco (in)seguire i miei sogni, e sono sempre sogni fuori moda: sogno ancora l’amore. Non sono minimamente affascinato da questo ambiente, e quando sento termini come “sdrammatizzare” riferiti magari a una cravatta rosa che sdrammatizza un gessato scuro (faccio un esempio, non me ne intendo) mi viene da ridere. Anche le modelle, fascinose e isteriche, non esercitano su di me alcuna attrazione, a me piace la coniglietta di Playboy, ma scura di capelli, non bionda, vado pazzo per il tipo mediterraneo, carnoso, polposo e succoso, ho l’inconscio libidico colonizzato da Hugh Hefner, con una striatura di commedia scollacciata all’italiana. Quando sento gli stilisti che filosofeggiano mi viene un attacco di gastrite, anche se si chiamano platonicamente Krizia. Per carità, lasciate la filosofia in pace. Bagnatevi pure nelle vostre piscine con un salvagente di sushi e sashimi, e divertitevi a scoppiare le bollicine del vostro champagne evanescente, ma Platone non si tocca, come Caino. Chiaro?

Detto questo, ho una passione sincera per il fotografo di moda Pietro Menditto, napoletano di nascita, piccolo di statura, capelli argentati, occhi azzurri che guizzano, vivacità contagiosa. Non è un cliccarolo, non si limita a fare clic, come molte riviste vorrebbero, è un autore, il suo clic è un clic personale, meditato, vissuto. Pietro non si nutre di sushi e sashimi, ma di patate al forno, forse è questo il suo segreto: digerisce la realtà lontano dalle luci rosse di Nobu Armani.

Un giorno sono andato con Menditto sul set di un servizio di moda, e l’ho filmato mentre scattava, ho sentito la tensione che mette nel suo lavoro, ha il cuore di un fotoreporter di guerra, sembra andare all’assalto dell’effimero, armato di pellicola e obiettivi, congela l’inconsistenza, la veghezza stucchevole dei modelli o delle modelle, e plasma uno stile che è racconto, c’è sempre un “prima” e un “dopo” nelle sue foto, aleggia una storia nei suoi scatti. C’è profondità, mai piattume. Detesto il piattume, mi nausea. Il suo modo di fare moda si ispira a Juergen Teller, colui che ha introdotto il realismo nel glamour: lo scandalo di una modella struccata, per esempio. Una scheggia di verità è sempre una scheggia di eleganza, senza verità la moda non è eleganza ma solo sofisticatezza. Pietro è un fotografo vero, quindi elegante.

Avrete capito che è anche un mio amico, ma questo non conta, basta andare sul suo sito e rendersi conto che le mie parole non sono influenzate dal sentimento dell’amicizia ma dalla verità della sua arte. Vi allego il link al suo sito e il video ritratto che anni fa ho fatto. E ricordatevi: est “moda” in rebus. Sempre.

Aforisma del giorno – Non frequento locali alla moda, persone alla moda, ristoranti alla moda. Ho visto solo una sfilata in vita mia, mi ha trascinato un’amica di mamma. Mi sono annoiato come quel giorno terribile dal notaio (quale giorno? uno di tanti anni fa), il risultato era scontato: applausi alla fine, applausi, e nemmeno un uovo alla moda lanciato in aria per divertimento. Burocrazia dell’effimero. E tante passeggiatrici senza nemmeno un lampione a dare conforto al desiderio suscitato dall’ancheggiamento. Una tortura alla moda.

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