ircamVenerdì prima di Pasqua. Sotto la pioggerellina, Mattia, Barbara ed io arriviamo all’Ircam, presso il Centre Pompidou. Barbara è la post-doc della mia squadra, ora a Lubiana; passa da Parigi prima di tornare in Abruzzo per la breve vacanza. Mattia è il dottorando per cui siamo venuti: deve sostenere un colloquio di mezzo percorso e ha segnalato i nostri nomi come esperti della tecnica topologica che usa nella tesi. M’incuriosisce quest’istituzione che paga il viaggio a due stranieri per un esame secondario; il colpo d’occhio è notevole: un bel palazzo progettato da Renzo Piano. Entrando capisco perché allegato all’invito ci fosse anche il piano di evacuazione!

Mattia è rilassato; siamo in anticipo e possiamo darci un’occhiata attorno. C’è una quantità di studi di registrazione; sbirciamo dentro a una sala dove un arpista studia in solitudine; entriamo in un’altra sala a disturbare un tecnico del suono. Poi arriviamo nella zona studi, dove nonostante il periodo c’è un’attività ordinata ma intensa; incontriamo Moreno, il supervisore della tesi di Mattia. Non è un mistero che con Mattia siamo in amicizia e che anzi ci ha ospitato nella sua casa bohémienne. Mi chiedo se questo esame non sia alla fin dei conti una formalità un po’ costosa e basta. Alla macchinetta del caffè incontriamo Jean-Louis, il responsabile dell’esame, con dei cornetti caldi per noi! Mi spiega come l’Ircam sia stato voluto da Pierre Boulez per fornire tecnologia d’avanguardia ai compositori; mi parla dei finanziamenti e della sua affiliazione.

Passiamo dallo studio di Mattia, poi Moreno accontenta una mia curiosità: visitiamo l’impressionante camera anecoica. Ormai è ora del colloquio. In una saletta ben attrezzata, oltre a noi entra un paio di giovani dell’Istituto. Passiamo all’inglese e Mattia comincia la sua esposizione; alterna lavagna, computer e pianoforte per spiegare le diverse distanze per la distinzione dei generi musicali, il programma basato su di esse, la sperimentazione, la funzione filtrante “dissonanza”, l’omologia persistente definita sui tonnetz, il monoide delle trecce singolari parziali per l’analisi del voice leading… Un vero sogno per chi, come me, crede fermamente nell’applicabilità della ricerca più pura e nell’importanza degli stimoli esterni per la ricerca matematica.

Capisco presto che, pur con tutta la cordialità, l’evento è assolutamente serio: Jean-Louis muove obiezioni, fa domande, accende un contradditorio garbato ma spietato. Con cautela m’inserisco e faccio anch’io domande. Mattia è concentrato e molto meno rilassato: difende con foga la sua impostazione. Jean-Louis incalza e, pur essendo un informatico, mostra di conoscere a fondo tutta la matematica coinvolta. L’esposizione è finita; Moreno, il supervisore della tesi, esce per permettere a Mattia di fare eventuali commenti che lo riguardino. Poi esce Mattia e rientra Moreno. Poi stanno fuori tutti tranne Jean-Louis e noi due per tirare le somme. Esame superato, ma con una serie di indicazioni per la tesi. Un esame coi fiocchi!

Fuori dalla saletta torna il buon umore ed è ora di pranzo: c’andiamo tutti insieme, con qualche altro ricercatore e con la fantastica M.me Andrée Ehresmann che, professore emerito da anni, continua la sua collaborazione sulla teoria delle categorie con l’Ircam.

Poco dopo siamo nella Sala Stravinsky a tenere il nostro seminario: prima io con un intervento generale, poi Barbara nello specifico dell’omologia persistente, poi Mattia sull’applicazione musicale, il tutto ripreso e diffuso in streaming nell’Istituto. Riceviamo domande pertinenti e acute, cioè quello che ogni conferenziere desidera.

Uscendo dall’edificio incrociamo un gruppo con ingombranti strumenti musicali. C’è ancora tempo per un giretto al Centre Pompidou. Poi un paio di ottime galette con una caraffa di sidro. Poi a casa di Mattia, dove lui con la chitarra c’illustra degli espedienti tecnici con cui si maschera una modulazione: in pratica una lezione di armonia e un concerto jazz privati.

Il mattino dopo partiamo sotto alla stessa pioggerellina. Ripenso a questa esperienza un po’ fantascientifica. In fondo anche in Italia abbiamo degli esami intermedi di dottorato seri; ma, che io sappia, non così approfonditi. In fondo anche noi abbiamo centri di matematica e musica; ma non un intero istituto. In fondo Mattia, Moreno, Barbara e io siamo italiani, perfino Jean-Louis ha nonni italiani. Chissà, qualcosa del genere potrebbe avvenire in Italia? Non so. So che in Francia è avvenuto.

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