“La riforma interviene sulla macchina burocratico-amministrativa della scuola ma non si occupa del modello educativo dei giovani italiani dei prossimi decenni: ecco l’aspetto più grave”. Questa è l’opinione del professor Adolfo Scotto di Luzio, docente di Storia della pedagogia e delle istituzioni scolastiche all’Università di Bergamo. Il punto critico del ddl sulla scuola – che oggi viene contestato dagli insegnanti con lo sciopero nazionale – è l’ampliamento dei poteri dei dirigenti scolastici, “i quali sceglieranno, di triennio in triennio, docenti assunti a tempo indeterminato, secondo una chiamata nominale di fatto, che è un’opzione esclusa dall’ordinamento scolastico”, spiega di Luzio. La conseguenza sarà “lo scardinamento di quel che resta dello statuto giuridico degli insegnanti con l’accentuazione dei vincoli di dipendenza che li legano alla dirigenza”. E l’assunzione dei precari? “E’ l’argomento usato per zittire ogni dibattito, ma occorre ricordare che questa immissione in ruolo è un passaggio obbligato per effetto di una sentenza della Corte di giustizia europea”. D’altro canto, secondo di Luzio, è opportuno riflettere sulle competenze di questi nuovi insegnanti: “Diamo per scontato che siano bravi, ma molti tra loro hanno una preparazione inadeguata“. E la riforma non prevede alcun “modello credibile di formazione e reclutamento degli insegnanti, questo comporterà l’ingresso nella scuola italiana di un personale docente con livelli di preparazione e qualificazione professionale quantomeno discutibili”  di Piero Ricca, riprese e montaggio Matteo Fiacchino

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