facebook 240Ogni giorno, in rete, milioni di persone pubblicano le proprie opinioni su beni e servizi. A volte sfogano la propria rabbia sul malfunzionamento. Altre volte esprimono invece piacere, soddisfazione, appartenenza a una specifica “tribù”: è quello che succede ad esempio con Apple, Samsung, Blackberry.

Quello che però molti tendono a non considerare ancora con la dovuta attenzione sta nel fatto che, ogniqualvolta pubblicano on-line pareri o considerazioni, di fatto forniscono alle aziende coinvolte informazioni ad alto potenziale commerciale. Forniscono un servizio: dati utili per compiere scelte strategiche intelligenti e supportate da elementi oggettivi. E lo fanno, peraltro, del tutto gratuitamente.

Ad accorgersene non sono più soltanto i cosiddetti “brand B2C”, business to consumer, ma anche i B2B, business to business, ovvero le aziende che producono servizi e oggetti destinati ad altre aziende: lo ha rilevato Brandwatch, uno leader mondiali nella social intelligence, nell’indagine intitolata B2B Social Media Report”, dedicata al monitoraggio delle menzioni on-line di duecento marchi B2B di Stati Uniti e Regno Unito nei primi due mesi del 2015.

Dopo un iniziale scetticismo, sottolinea Brandwatch, anche le aziende B2B stanno investendo sui social media per promuovere quotidianamente le proprie attività, cogliendo appieno l’opportunità costituita dall’aumento vertiginoso di conversazioni on-line riguardanti i propri prodotti e servizi. Basti pensare che nel periodo monitorato si sono registrate on-line più di cinque milioni di conversazioni concernenti i duecento marchi selezionati.
Quasi scontato, dunque, che il 76% di queste aziende abbia già almeno un account social tra Facebook e Twitter, con una media 200mila fan della pagina nel primo caso e 47mila followers nel secondo. E prevedibile che ad essere maggiormente all’avanguardia nell’ascolto delle conversazioni on-line siano i brand che si occupano di software, come IBM, Cisco, Oracle, Intel.

Da qualche azienda B2B, inoltre, già oggi Twitter viene utilizzato non solo per trasmettere informazioni ma anche per dialogare con gli utenti. Segno che, per quanto non ancora alta, c’è una quota di brand che ben prima di tante media company tradizionali ha capito che le piattaforme social sono spazi di conversazione, non di comunicazione unilaterale. L’opportunità è ghiotta, ovviamente, soprattutto per le imprese medio-piccole, che hanno poca “potenza di fuoco” sui media tradizionali.

Meno banale è invece il fatto che ci siano sul web spazi ancora non adeguatamente presidiati dal B2B, come ad esempio i blog e i forum. Come infatti aveva già evidenziato un’indagine italiana condotta da IXE’ lo scorso anno, è proprio a questo genere di luoghi on-line che molti consumatori – spesso i più informati ed influenti sulle piattaforme social – si affidano per informarsi e per affidare, a loro volta, le proprie opinioni.

Numerosi i rilievi, positivi e negativi, anche sulle singole aziende. Le foto pubblicate dagli account social Rolls-Royce, ad esempio, riscuotono in media un grande successo presso gli appassionati, che condividono e ripubblicano dalle proprie bacheche. Nel settore alimentare, la multinazionale Monsanto è quella col più alto numero di commenti negativi, a causa della produzione di OGM. Nel farmaceutico, Glaxo Smith & Kline è nota per aver attivato un ottimo customer service sui social; in questo stesso settore, nel periodo monitorato, è stata Merck&co ad ottenere un altissimo tasso di menzioni negative, a causa dello scandalo innescato dai tentativi del proprio management di costringere al silenzio i ricercatori della compagnia riguardo all’inefficacia di alcuni vaccini. Crisi simile ha attraversato sui social anche l’azienda di servizi di difesa Serco per le violazioni sui diritti contrattuali dei lavoratori in alcune carceri.

Più in generale, temi centrali sono quasi sempre prezzo e valore del prodotto, che determinano la cosiddetta “intenzione d’acquisto”. Stando a Brandwatch, in un anno i duecento brand  monitorati ricevono più di 72mila menzioni di questo genere: in media, un’“intenzione di acquisto” al giorno per ciascuno.

Come rilevava recentemente il Censis, ogni utente sui social non è più semplicemente un utilizzatore dei media, ma è lui stesso un medium. Decidere se, dove, quando “regalare” ai brand le nostre recensioni spetta dunque, in ultima istanza, soltanto a noi: alla nostra valutazione di opportunità e di utilità. E’ bene ricordarlo.

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