“Voi imprenditori dovete tirare su l’ancora, dovete avere il coraggio di aprire le vostre aziende. Dovete essere parte di un sistema nervoso più ampio, e provare a governare le aziende con i mercati del capitale”. Matteo Renzi, nel suo intervento durante l’incontro in Piazza Affari con il gotha della finanza italiana, un evento il cui ultimo precedente risale al governo di Mario Monti, ha formulato chiaramente le sue richieste a quel che resta dell’imprenditoria del Paese, non senza qualche stoccata di peso. La politica “è fuori” dal sistema del capitalismo di relazione, si è per esempio spinto a dire aggiungendo che “è arrivato il momento di mettere fine a un sistema basato più sulle relazioni che non sulla trasparenza, come chiede l’Italia. È questo il motivo per il quale sono davanti a voi”.

Per chi non avesse inteso, poi, Renzi è entrato nei dettagli delle definizioni: quel “sistema che poneva la relazione come elemento chiave di un Paese in cui giornali, banche, imprese, fondazioni bancarie, partiti politici hanno pensato che si potesse andare avanti tutti insieme dialogando e discutendo, è morto. Se non muore quel sistema muore l’Italia. E siccome noi all’Italia vogliamo bene, diciamo che la politica è fuori da quel sistema”.  Quindi l’esortazione finale: “Amo molto una frase di Gilbert Keith Chesterton: ‘La democrazia è il Governo dei maleducati, e l’aristocrazia è il governo degli educati male’. Ma dare tutte le colpe alla politica è comodo, ma ingiusto, abbiamo un problema di classe dirigente in questo Paese. Non tocca soltanto a noi”. E ancora: “L’impresa ci dia una mano”, ma perché accada occorre andare in Borsa con “un cambio di mentalità. Se ai figli non arriva il 100 per cento dell’azienda, ma il sentimento” della necessità di cambiare, “alla fine il Paese sarà migliore”. Quindi il messaggio trasversale: “Per la debolezza della politica a un certo punto si era anche pensato che parlando male dell’Italia si potesse fare carriera più velocemente. Su questo c’è un tema che riguarda la forza di una politica che deve essere autorevole e capace di cambiare e deve far capire ai tecnici e ai burocrati che la politica non si fa sostituire, non si fa in qualche modo commissariare. Non si fa sostituire”.

Quanto ai suoi impegni, il Jobs Act non si rinnega (“lo rifarei domani mattina”) nonostante i risultati attesi (dal governo) non si siano fatti vedere e l’esecutivo sta “concludendo” l’attuazione della riforma del lavoro superando “vincoli ideologici ormai privi di concretizzazione e di logica”. Più in generale “stiamo dando corso e concretizzazione alle riforme dopo decenni di parole in libertà. Questa prima parte di riforme è molto corposa ma anche doverosa. E’ l’abc per ristabilire le regole come dovrebbero essere: stiamo facendo la legge elettorale per dire che chi arriva primo vince le elezioni. Non sono cose particolarmente geniali”, dice garantendo che “entro l’anno verranno attuati tutti i decreti attuativi” della riforma della pubblica amministrazione che “segna un’inversione di tendenza nel rapporto tra cittadini e Pa”.  Quanto alle tasse, “non so se sistema fiscale è allo sfascio. Ma il meccanismo è complicato, burocratico e non è orientato pro business ma nemmeno in grado di andare a prendere chi compie in modo strutturato reati o atti elusivi. Esiste una grande emergenza e il Parlamento ha dato al governo una delega. I primi decreti legislativi sono un passo avanti non banale ma occorre nel sistema fiscale un cambio di mentalità e la creazione di un sistema semplice in cui dialoghino le banche dati”.

Il governo, poi, intende affrontare nei prossimi mesi il tema dei fondi pensione: “In Italia sono numerosissimi e piccoli, hanno un grado di investimento nel nostro Paese che è tra i più bassi a livello europeo, e forse mondiale. Questo tema esiste, come esiste il bisogno di una strategia diversa. Ci sta lavorando Padoan”. Quanto ai guai delle banche e della mole di crediti che non verranno riscossi, “nelle prossime settimane, anche sulle sofferenze, troveremo concretizzazione con un intervento che metterà l’Italia sullo stesso livello degli altri Paesi. Stiamo negoziando con l’Ue e la Commissione alcune ipotesi di intervento. Ne abbiamo altre pronte a essere realizzate. Posso solo dire che questa è una priorità assoluta e fa il paio con l’intervento sulle banche popolari. Adesso il passaggio successivo è portare sempre più vicino alla legislazione europea il sistema regolatorio delle banche, in particolare quello dei crediti in sofferenza”.

Quindi l’appello finale: “Negli ultimi anni sono cambiati tanti governi ma non sono cambiate le cose. In un mondo che cambia alla velocità impensabile e che sta già cambiando se non siamo in condizione di anticipare il cambiamento teniamo l’Italia. Quello che io vi chiedo con il cuore in mano è di aiutare la politica ad anticipare questo cambiamento, ad essere positivi e non dire sempre ‘tanto non ce la farete'”.

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