La fiducia sull’Italicum non era un’opzione né tantomeno “l’extrema ratio”; è stata da subito la determinazione unica del presidente del Consiglio per ribadire in via definitiva la supremazia governativa nei confronti del Parlamento e per umiliare l’opposizione interna del Pd dove 50 “responsabili” dell’area riformista hanno docilmente piegato la testa come da previsione.

Il bilancio della prima fiducia sulla legge a cui Renzi ha voluto legare le sorti della legislatura e imporre il suo personale sigillo con un’esibizione apparentemente incomprensibile di forza intimidatoria nei confronti della minoranza interna, 352 sì, 207 no, 70 assenti al voto di cui 38 del Pd, era abbastanza scontato e prevedibile.

Le letture in bonam partem della fiducia come scelta “imposta” dal voto segreto su una legge ordinaria “come tutte le altre” che hanno tenuto banco sulle testate da sempre agguerrite contro gli abusi e le forzature di Berlusconi, Repubblica in primis, oltre ad essere pretestuose erano state smentite, oltre che dai fatti dalle stesse dichiarazioni di Renzi.

Lo scarto di 150 voti con cui erano state respinte le pregiudiziali di costituzionalità aveva già garantito al governo una maggioranza schiacciante e le interpretazioni secondo le quali, al contrario, si sarebbe trattato di un “trappolone” per affossare poi l’Italicum se non fosse stata posta la fiducia sembrano una stampella molto sgangherata per giustificare il presunto “stato di necessità” del presidente del Consiglio.

Nella lettera inviata alla vigilia del voto alla Stampa Matteo Renzi, dopo aver definito l’Italicum una legge “seria e rigorosa che cancella le liste bloccate” ha descritto il ricorso alla fiducia come un diritto-dovere per realizzare la democrazia: “Se un Parlamento decide, se un governo decide questa è democrazia non dittatura”.

Anzi per lui la decisione sulla fiducia “è una grande lezione del miglior pensiero costituzionale di questo Paese, non è necessario aver fatto la tesi su Calamandrei per saperlo”. E ha messo in aperta antitesi “il gesto di serietà verso i cittadini” con l’ imposizione  della fiducia rispetto al “temporeggiare e fare melina” che non gli appartiene.

Naturalmente “il coraggio” del “se non passa si va a casa” è stato premiato dalla “maggioranza dei deputati che hanno a cuore l’Italia”, secondo le sue accorate parole, e forse  il vitalizio ancora da maturare e magari anche la speranza di un bis nella prossima legislatura.  E oltre la metà dei deputati che siederanno alla Camera con l’Italicum, quelli che Renzi definisce “gli eletti espressione di un collegio grande poco meno di una provincia media” saranno semplicemente nominati dai signori dei partiti.

Evidentemente “il coraggio” di mettere la fiducia da parte del presidente del Consiglio che nei giorni precedenti al voto si è attivato personalmente in molte decine di telefonate persuasive dentro e fuori il Pd si è felicemente incontrato con l’alto senso di responsabilità dei 50 critici “ravveduti” nel suo partito che hanno fatto la differenza.

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