“Sicuramente non è a buon mercato, speriamo almeno sia più efficace e più trasparente rispetto all’attività svolta dalla Banca d’Italia”. Commentano così la notizia dei contributi che le grandi banche dovranno versare alla Bce per le attività di vigilanza: 326 milioni di euro per il periodo 2014-2015, di cui l’89% a carico delle 123 banche europee “significative” e l’11% a carico dei 3.500 istituti ritenuti “meno significativi”. Un conto salato che oltretutto varierà da banca a banca, in funzione della rilevanza e del profilo di rischio. La battuta sarcastica fa andare la mente al caso Mps, a Carige, alle Popolari venete. Ma chi l’ha pronunciata si è appena costituito in Comitato e intende sottolineare soprattutto i danni arrecati con commissariamenti improvvidi come quello che ha colpito e affondato la Banca popolare di Spoleto, poi svenduta al Banco Desio.

Anche la loro banca, il Credito Cooperativo di Bene Vagienna, è stata commissariata e non per episodi di malagestione, ma addirittura “in via preventiva”. Un commissariamento-lampo che è durato appena un anno e che fa discutere anche per la scelta di un commissario, Giambattista Duso, che ha operato in palese conflitto d’interessi e per la mancata rimozione dal comitato di sorveglianza di Giovanni Ossola, già sindaco della Milano Assicurazioni, cui la Consob ha comminato una sanzione da 382mila euro per “la gravita oggettiva delle violazioni accertate” e per “la gravita soggettiva delle condotte poste in essere”. L’altro motivo di discussione riguarda però le ragioni del commissariamento di Bene Banca che – come denuncia il neonato Comitato “SvegliamociBene” composto da soci e cittadini – è stata forzata a chiudere il bilancio in perdita di 7,8 milioni pur di giustificare questo “anomalo” commissariamento.

Come è stato possibile? “Semplice – spiegano i membri del Comitato – i 12,3 milioni di riserve da valutazione derivanti quasi interamente da plusvalenze su titoli non sono state contabilizzate a conto economico. I titoli in portafoglio sono stati cioè valutati al costo storico, di molto inferiore”. Dunque le plusvalenze non sono state considerate, mentre invece le minusvalenze sì: “Nella relazione del commissario si legge testualmente che le rettifiche su titoli allocati nel portafoglio AFS sono state pari a euro 837mila”. La ricaduta sui soci è presto spiegata: “Oltre a non percepire alcun dividendo, i soci si sono visti negare la possibilità di vendere le proprie quote. I vertici di Bene Banca, infatti, si trincerano dietro la perdita fatta registrare nel periodo di commissariamento, spiegando così l’impossibilità di costituire un fondo riacquisto azioni proprie da sempre utilizzato per soddisfare le richieste di vendita di quote da parte dei soci della cooperativa”. Il clima si sta surriscaldando anche in vista dell’assemblea dell’istituto fissata il 10 maggio. Il Comitato “SvegliamociBene” intende denunciare “i soprusi e i comportamenti contra legem messi in atto da chi era stato inviato a Bene Vagienna per garantire la tutela degli interessi collettivi” e preannuncia battaglia, anche attraverso la pubblicazione sul proprio sito internet di molti documenti sul caso.

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