Sarà capitato a molti di imbattersi in titoloni tipo Come guadagnare con Youtube o YouTube: 5 consigli per avere successo e, davanti a queste parole, aver pensato che forse con una telecamera e un banco di montaggio si può davvero svoltare. Il dato certo è che l’avvento della tv digitale (e il potenziamento di Internet) ha aumentato in maniera esponenziale la domanda di contenuti multimediali. A soddisfare questa richiesta è arrivato il videomaker.

Youtube675I media lo raccontano spesso come un figura mitologica, metà uomo metà videocamera. In realtà è una professione ‘nuova’ o almeno tra le ultime nate, che racchiude in sé regista, cameraman e montatore, produttore e autore. Un professionista che può operare nel cinema, nella televisione e nel giornalismo. Un tuttofare del multimedia che ha l’impareggiabile pregio di abbattere i costi di produzione.

Questa figura è certamente anche figlia dei nuovi strumenti digitali per la produzione audiovisiva: le enormi telecamere degli anni ’80 sono state soppiantate prima da piccole videocamere ultraleggere poi dagli smartphone; zero ingombri, basta nastro, gestione dei dati sul computer pressoché immediata; non ultimo, strumenti quasi alla portata di tutti con una qualità spesso molto elevata.

Ma basta comprare un’ottima videocamera o un ‘telefono intelligente’ per diventare videomakerLa nostra risposta è no. Partiamo dall’aspetto economico. Avere una partita Iva o una società non guasta. Il videomaker è un libero professionista della creatività, un freelance con Inps e Irpef sulle spalle, in giornaliera competizione in un mercato inquinato dal nero, dal “fallo gratis perché ho cose grosse in ballo e te ne parlerò” o “fallo gratis perché poi tutto il ricavato di questo progetto lo dividiamo in due”.

Aspetto contenutistico. Amedeo Ricucci, inviato speciale della Rai nei principali conflitti dalle zone di guerra: “Le evoluzioni tecnologiche hanno aumentato la concorrenza giornalistica, in un momento sempre più buio per l’editoria italiana. Per questo la vera difficoltà sta nel trovare racconti altrimenti il giornalismo si riduce a immagini che si aggiungono a immagini. È l’idea a fare la differenza”. È qui che scatta il cortocircuito. Se è così importante produrre contenuti originali, come si spiega il fenomeno delle YouTube star che diventano fenomeni virali con video spesso demenziali, o meglio ‘per dementi’?

Francesco Facchinetti, aka dj Francesco, amministratore di NewCo Management che gestisce diversi fenomeni nati su YouTube (spesso prestati alla Tv), in relazione alla faccenda, esprime (stranamente) un concetto chiaro: “L’Italia è il terzo mercato (di ricavi pubblicitari YouTube) dopo Inghilterra e Francia e quelli che guadagnano da 2-3mila euro a 20-30mila euro al mese non sono più di cinque o sei“.

Quindi la responsabilità della scarsa qualità dei prodotti video è anche delle piattaforme web? Sembra di sì. Il meccanismo attraverso il quale piattaforme come YouTube pagano i videomaker si basa sul numero di visualizzazioni. Non tiene conto quindi della qualità dei prodotti. Non conta in un video quanti e quali attori compaiano, con quali tecniche sia girato, chi l’ha scritto, se sono stati adottati effetti speciali. Non conta nemmeno se il software usato per l’editing sia piratato o acquistato regolarmente. Conta il giudizio del pubblico. E a guardare il numero di visualizzazioni di tanti video, spesso il cattivo gusto conta più visualizzazioni delle opere d’arte. Questo ci restituisce un ritratto della maggior parte dei fruitori del web come persone abituate al trash, al kitch, al cattivo gusto. Il videomaker è quindi una figura che ha grosse responsabilità rispetto a quello che produce. Possiede il gessetto e una lavagna per essere un fautore di media literacy.

Ma è possibile farlo sul serio se sul sito di una testata nazionale figurava una retribuzione di €5 per ogni video prodotto e se giornalisti elogiano il lavoro di un ragazzo che squittisce in centinaia di video da milioni di visualizzazioni dove testa e commenta videogame invece di prepararsi all’interrogazione del giorno dopo?

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