Due colleghi di Daniela Poggiali, l’ormai ex infermiera dell’Ospedale Umberto I di Lugo nota per aver fatto il selfie con un’anziana deceduta, sono indagati in concorso per l’omicidio volontario di Rosa Calderoni, la paziente morta la mattina dell’8 aprile 2015, secondo gli inquirenti, con un’iniezione letale di potassio. Sono l’allora direttore del Reparto di Medicina Interna e l’allora caposala del reparto, un 66enne palermitano residente a Bologna e una 60enne da poco in pensione residente a Fusignano (Ravenna) e nata a Copparo (Ferrara).

I Pm Alessandro Mancini e Angela Scorza sono i titolari del fascicolo che hanno inviato un’informazione di garanzia: i due sono accusati di non aver impedito l’evento. In base all’articolo 40 del codice penale infatti, “non impedire un evento, che si ha l’obbligo di impedire, equivale a cagionarlo”. E in base alle indagini condotte dai carabinieri dell’Investigativo, i due non avrebbero adottato le misure organizzative e procedurali idonee a impedire l’uccisione della paziente da parte della Poggiali.

Il medico è accusa di non aver avvisato la magistratura di autopsie interne, nell’ambito di indagini irrituali che avrebbero finito con l’agevolare la morte della Calderoni e alla caposala viene invece ricondotta la mancata vigilanza del personale infermieristico nonostante ci fossero state numerose segnalazioni sull’operato anomalo dell’ex infermiera.

Questo è il quarto fascicolo aperto dalla Procura di Ravenna per l’inchiesta sulle morti sospette dei pazienti dell’ospedale di Lugo. Il primo è quello che è stato chiuso con il giudizio immediato per la Poggiali, da sei mesi in carcere a Forlì. La Corte D’Assise per omicidio pluriaggravato e per il peculato di due fiale di potassio si aprirà invece il 16 ottobre.

C’è poi il fascicolo che raccoglie tutti i decessi sospetti, diverse decine, avvenuti nel nosocomio lughese quando la ormai ex infermiera era di turno e per i quali, a differenza del fascicolo principale, si hanno a disposizione solo le cartelle cliniche e le elaborazioni statistiche ma non campioni di umor vitreo prelevati dai bulbi oculari delle defunta in tempo utile per potere determinare la concentrazione di potassio. 

C’è quindi un terzo stralcio che coinvolge sempre il direttore di reparto oltre a un suo medico, un 61enne di San Lazzaro di Savena (Bologna), e la direttrice sanitaria della struttura, una 56enne originaria di Sogliano al Rubicone (Forlì-Cesena) ma residente a Bologna, per la tempistica con la quale i sospetti sulla Poggiali erano stati segnalati alla magistratura: per i primi due le ipotesi di reato sono di omissione di referto, per l’ultima di omissione di atti d’ufficio.

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