Non voglio nessun accanimento terapeutico, ho fatto già il testamento dal notaio. Se sono capace di muovermi, scomparirò in qualche anfratto o foiba. Se mi prende un ictus o sono in balia di altri ho già deciso i miei killer”. Lo rivela lo scrittore Mauro Corona a La Zanzara, su Radio 24. “La vita” – continua – “è la mia e non dei bigotti bacchettoni come Giovanardi. Se sarò malato terminale, dovranno ammazzarmi. Ho scritto chi deve darmi una pasticca. E’ una carta firmata da me e da tre persone. Sono tutti miei cari amici. Se invece perdo 20 chili in un mese, ti fanno gli esami e ti dicono che hai un focolaio o un nodulo, allora vado in una bella foiba con una cassa di vino e di sigari toscani. Mi lascio morire lì, di fame e di sete”. Corona aggiunge: “Tutte le morti sono orrende. Meglio questa che vedere i parenti intorno che dicono ‘Poverino, dai, che ce la fai’ mentre non vedono l’ora che crepi. Ma non voglio fare gesti eclatanti come Monicelli. Dove vorrei essere sepolto? Sotto terra con una piccola croce di legno oppure la cremazione e le ceneri nel cesso”. E chiosa: “Sono una merda, non mi piaccio. Avrei voluto fare di più, essere più leale, meno vanitoso. Quando sono da solo e mi guardo allo specchio, mi faccio schifo, anche fisicamente. Sono una brutta bestia, un cattivo essere umano, ma non nel senso di cattiveria d’animo. E’ che sono viledi Gisella Ruccia

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