“E’ l’anima di un Paese e l’Italia in questo è una superpotenza. Vinceremo la sfida di Pompei perché si gioca il derby tra chi gode nel creare problemi e chi punta a risolverli. Saremo sempre testardamente e tenacemente dalla parte della bellezza e di chi i problemi vuole risolverli”. Fa un certo effetto sentire il nuovo lider maximo parlare alla folla di autorità sedute sul prato di fronte al quadriportico dei Teatri, a Pompei. Con i ministri della Cultura Franceschini, delle Politiche agricole, Martina e altri notabili sia di ambito nazionale che locale. L’occasione la manifestazione “Italia 2015 il Paese nell’anno dell’Expo”. Un discorso quello del premier  Renzi, inserito in un duplice incontro. Prima quello, presso gli uffici della Soprintendenza archeologica  di Pompei, con il candidato alla Regione Campania Vincenzo del Luca e il sindaco di Napoli Luigi De Magistris. Dopo quello con una rappresentanza della Rsu del sito produttivo Whirpool di Carinaro, a rischio chiusura.

La prima volta di Renzi a Pompei è un rincorrersi di luoghi comuni nei quali “bellezza” e “orgoglio” sono incontrasti tag. Un racconto nel quale “presente”, “passato” e “futuro” sono evocati con disinvoltura. Non solo riferimenti cronologici, ma addirittura categorie alle quali assegnare un segno positivo. In sequenza crescente. Così, passando dall’iniziale “Qui non c’è solo il passato dell’Italia, qui c’è un pezzo di futuro”, al “futuro del Paese ancora più interessante del passato”, pronunciato a conclusione del suo intervento.

Pompei, gli scavi, hanno uno spazio esiguo nel ragionamento. Troppo, verrebbe da pensare. Ma a questo provvede Franceschini, il ministro competente in materia, che dice come sia “importante che il Presidente del Consiglio sia qui, perché abbiamo bisogno di recuperare un po’ di orgoglio nazionale. Qui a Pompei è stato fatto un lavoro silenzioso, difficile per invertire la tendenza”. Più visitatori nel corso dell’anno e un numero di ingressi superiore al passato, sia Pasqua che a Pasquetta. Cifre inequivocabili, ma incapaci di restituire una visione complessiva dell’area archeologica. Afflitta da molte criticità. Affrontate senza entrare più di tanto nel merito. Rincorrendo l’annuncio. Senza un sostanziale cambiamento rispetto al passato. Continuando tenacemente a tentare di riorganizzare l’area archeologica senza approntare nessuna misura per riassemblare il centro moderno. Senza provare a riconvertire la diffusa illegalità urbanistica.

Nella travagliata storia della città antica più famosa del Paese non è la prima volta che domus e terme, edifici pubblici e privati, divengono spazi neutri. Semplici cornici ad eventi politici. Con Ferdinando II e Francesco II, tra il 1830 e il 1861, il sito archeologico fu utilizzato  solo come una sorta di museo per i loro ospiti. L’interesse per l’area archeologica scemò. In diverse occasioni nel sito le indagini si sono quasi arrestate. Come accaduto  a partire dal 1967, in concomitanza con l’assunzione degli scavi da parte di Alfonso De Franciscis. Ma in quella occasione si decise di concentrarsi sull’aspetto conservativo. Il patrimonio era diventato molto ampio e tutto il complesso aveva bisogno di urgenti interventi di restauro. Non sarebbe male se Renzi, al quale piace tanto evocare immagini e personalità del passato, non prendesse come esempio i due re delle due Sicilie, ma De Franciscis. Non serve ottimismo, per questo. Sono imprescindibili, cioé necessarie le competenze.

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