L’obiettivo era creare una plastica che non inquinasse l’ambiente, e per riuscirci, la Bio-On, azienda bolognese specializzata nella produzione di materiali ecosostenibili, ha pensato di ricorrere agli scarti della lavorazione agro industriale delle patate. Il risultato è Minerv Pha, un biopolimero ‘green’ che, pur mantenendo le stesse caratteristiche termo – meccaniche delle sostanze che compongono le plastiche tradizionali, è al 100% biodegradabile in natura. Un materiale che un giorno potrebbe contribuire a risolvere il problema dello smaltimento dei rifiuti, e che verrà prodotto, a partire dal 2017, a Minerbio, in provincia di Bologna. Nel primo stabilimento italiano dedicato allo sviluppo del biopolimero ecosostenibile.

“Minerv Pha è completamente naturale – spiega Marco Astorri, presidente di Bio-on – per produrlo, infatti, si utilizzano dei batteri non patogeni. Microrganismi che si cibano degli scarti della lavorazione industriale delle patate, o anche delle barbabietole e dellecanne da zucchero, e nel processo creano una riserva di energia. Noi la estraiamo, sotto forma di una sostanza granulosa di colore bianco, che poi assembliamo in pallet, e questi composti possono essere utilizzati in sostituzione della plastica tradizionale, che invece viene sviluppata con gli idrocarburi, per produrre beni di vario genere”.

Con Minerv Pha, infatti, spiegano gli ingegneri dell’azienda bolognese, si può fare un po’ di tutto: sedie, lampade da tavolo come la riproduzione del modello Miss Sissi che Bio-on ha creato assieme alla Floss, televisori, carica batterie. Ma anche materiali per l’edilizia e per il biomedicale. “Per i dispositivi biomedici la lavorazione è più complessa, ma il nostro polimero è biocompatibile, quindi è possibile, ad esempio, utilizzarlo per creare il filo da sutura, o le ossa per la bioplastica”. Il materiale plastico, poi, è riciclabile: “Distruggerlo per creare altri prodotti non comporta il rilascio di sostanze inquinanti come nel caso delle plastiche tradizionali, perché l’anidride carbonica prodotta nel processo è la stessa che una foglia cattura in atmosfera. L’impatto sull’ambiente, quindi, è praticamente zero. E qualora, invece, il materiale dovesse essere abbandonato nell’ambiente sotto forma di rifiuto, non lo lasceremmo in eredità alle future generazioni”.

Biodegradabile al 100%, sottolinea Astorri, in acqua dolce o salata così come a terra, “si decomporrebbe naturalmente, senza impiegare decine di migliaia di anni”. La produzione, spiega il presidente di Bio-on, inizierà a Minerbio nel 2017, 2.000 tonnellate l’anno di Minerv che poi si prevede di raddoppiare in futuro. Per questo l’azienda ha già siglato un accordo con Pizzoli S.p.a, colosso italiano nella produzione di patate e fornitore, tra gli altri, della multinazionale Mc Donald’s. “Il percorso intrapreso – spiega Nicola Pizzoli, presidente di Pizzoli S.p.a – si inserisce in un progetto industriale innovativo che intende migliorare e ottimizzare la tecnologia della lavorazione delle patate, trasformando i sottoprodotti e gli scarti in prodotti high tech che rappresenteranno le plastiche di nuova generazione”.

Lo step iniziale sarà un investimento di 220.000 euro per finanziare uno studio di fattibilità, continua Pizzoli, “ma la vera sfida sarà poter creare con gli investimenti futuri una realtà industriale integrata, al servizio del settore alimentare e a zero impatto ambientale”. Una filosofia che ha radici antiche, risalenti al 1900. A inventare il Pha, il poliestere lineare prodotto in natura da una fermentazione batterica di zucchero, padre di Minerv, infatti, fu, nel 1926, il francese Maurice Lemoigne. Astorri ha comprato quello e altri brevetti, abbandonati a causa dei costi troppo alti di produzione, e attraverso quelle ricerche ha sviluppato il suo biopolimero, che ora vorrebbe esportare a livello internazionale. “Non solo producendo Minerv su larga scala, ma in termini di know how: produrre plastica, cioè il materiale che ha rivoluzionato il mondo, senza inquinare l’ambiente, è possibile. E la nostra tecnologia lo rende anche economicamente competitivo. Pensiamo a quale beneficio ne trarrebbe il nostro pianeta se iniziassimo utilizzare gli scarti della lavorazione di patate, zucchero e barbabietole al posto di petrolio e idrocarburi, per fare una sedia o un recipiente. Io credo sia un passaggio necessario, e con la nostra attività vorremmo dimostrare che è anche economicamente fattibile”.

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