“Come è noto l’allerta viene data dai tecnici non dai politici. Alle 18 del 9 ottobre venne emesso dall’Arpal un bollettino tranquillizzante. Io mi trovavo a Villanova d’Albenga e appena seppi che la situazione era cambiata mi precipitai a Genova dove arrivai attorno alle 23,40, il Bisagno era esondato da circa mezz’ora. Trascorsi tutta la notte negli uffici della Protezione Civile in continuo contatto con i sindaci”. In una intervista al IlFattoQuotidiano.it, il 17 dicembre 2014, aveva risposto con queste parole l’allora assessore alle Infrastrutture del comune Raffaella Paita, ora indagata dalla procura per omesso allarme in relazione all’alluvione che devastò Genova il 7 ottobre provocando in città danni ingentissimi e una vittima, l’infermiere Giovanni Campanella.

La ricostruzione che il IlFattoQuotidiano.it aveva pubblicato fin dal 12 ottobre offriva un quadro molto più articolato e puntuale. Quel giovedì 9 ottobre 2014 alle 18,30 la città era flagellata da una pioggia torrenziale che durava da ore. Eppure nessun avviso del pericolo incombente dal cielo era stato recapitato al sindaco Marco Doria che alle sei e mezzo del pomeriggio se n’era andato tranquillo a teatro. Per poi accorrere al Matitone, centro nevralgico degli interventi di emergenza, coordinati dalla Protezione Civile. Ma erano già le 23,30. Da pochi minuti il torrente Bisagno era esondato e mezza città era finita sott’acqua. Troppo tardi per mettere in moto qualsiasi attività di prevenzione. A mezzanotte si era già contata una vittima, sorpresa dalle acque tracimate dal letto del Bisagno. Il sindaco Doria, duramente contestato dai negozianti dl Centro, si era difeso così: “Le comunicazioni dicevano addirittura che il fenomeno era in attenuazione e che per il giorno successivo non ci sarebbe stato che un generico rischio di qualche temporale”. Il sindaco si riferiva a chi, per dovere istituzionale, doveva lanciare per tempo l’allarme e metterlo in condizione di approntare la macchina di pronto intervento. Ossia l’Arpal, l’agenzia regionale per la meteorologia, e la Protezione Civile che Doria aveva epurato da alcuni dirigenti dopo la pessima prova fornita durante l’alluvione del 4 novembre 2011. Per i sei cittadini uccisi dal Fereggiano, sono a giudizio l’allora sindaco Marta Vincenzi e cinque fra ex assessori e funzionari.

Alle 18,00 di quello stesso giovedì l’Arpal, sollecitata dall’assessore regionale all’ambiente, Raffaella Paita, aveva risposto con una comunicazione tranquillizzante: “Tutto sotto controllo, vada pure a casa”. Molti cittadini genovesi duramente colpiti dalle alluvioni precedenti, in quelle stesse ore tempestavano i centralini delle redazioni di giornali e tv locali, sollecitando l’intervento delle autorità. Invano. Dieci minuti appena dopo quell’avviso alla camomilla, l’Arpal ribadiva: “Graduale indebolimento“. Alle 19 era stato disattivato il numero verde della Protezione Civile, che ne aveva dato notizia attraverso un tweet, alle ore 18,50. Alle 22l,20 l’Arpal segnalava che “dopo indebolimento, perturbazione riprende forte vigore: a rischio Polcevera, Bisagno, Trebbia, Scrivia”. Soltanto alle 23,02, attraverso Twitter e Facebook, la Protezione Civile informava: “Attenzione forti temporali, massima prudenza in tutta la Valbisagno”. Appello reiterato un quarto d’ora più tardi attraverso 30mila sms inviati ad altrettanti cittadini genovesi.

Alle 23,30 l’agenzia regionale per la meteorologia finalmente lanciava l’allarme: “Ancora forti piogge, Bisagno prossimo all’esondazione”. Troppo tardi. Proprio in quegli stessi minuti il Bisagno usciva dagli argini invadendo l’abitato di Borgo Incrociati e via via l’intera viabilità dalla stazione Brignole alla Foce e nella parte bassa di via XX Settembre. Incredibilmente neppure allora l’Arpal aveva diffuso l’allerta 2 il massimo grado di allarme. I cittadini sono informati del pericolo incombente, invitati a restare in casa e a prendere tutte le precauzioni del caso.

Soltanto alle 11 del mattino di venerdì, a tragedia ampiamente consumata, il bollettino dell’Arpal proclamava finalmente l’allerta 2. Perché un ritardo così macroscopico? I funzionari dell’agenzia regionale e la stessa Paita, avevano dovuto spiegarlo in procura, dove era stato subito aperto un fascicolo per disastro colposo contro ignoti. L’assessore era stata interrogata per oltre 4 ore, il 17 novembre 2014, interrogatorio che poi era stato secretato dalle due pm Gabriella Dotto e Patrizia Ciccarese che coordinano l’inchiesta. “Ho risposto a ogni domanda – disse allora Paita – hanno sentito me come stanno sentendo tutti per chiedere i dettagli di quanto successo”. La primissima difesa dei tecnici non era apparsa convincente: “I modelli matematici sui quali basiamo le nostre previsioni non hanno funzionato”.

Su Genova erano precipitate in 24 ore 395 millimetri di pioggia, 180 concentrati fra le 13 e le 22. Allagamenti diffusi si erano già registrati a ponente, in Valpolcevera e in tarda serata nell’entroterra, Montoggio era stata sommersa dall’acqua di un torrente. I segnali insomma c’erano tutti, bastava saperli leggere. Invece i funzionari della Protezione Civile (senza il dirigente-capo da due anni) avevano staccato la spina e se ne erano tornati a casa alle sette di sera.

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