Una diffusa opinione ritiene che vi sia una stretta correlazione fra l’andamento dell’economia e il consumo di televisione: nelle fasi di crisi economica il consumo televisivo aumenterebbe, perché sono minori le disponibilità finanziarie per praticare altre costose attività di svago, invece nelle fasi di crescita il consumo diminuirebbe per il motivo opposto. Mentre è dimostrato che gli investimenti pubblicitari sono molto condizionati delle variabili macroeconomiche, in particolare dall’andamento dei consumi delle famiglie, la relazione, che in questo caso dovrebbe essere inversa, fra la congiuntura economica e il consumo Tv non è provata, almeno nel breve-medio periodo. Il grafico conferma che negli ultimi quindici anni non esiste un’evidente correlazione fra le due variabili (per correttezza si sarebbe dovuto considerare anche l’aumento della popolazione).

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In effetti, più che i cambiamenti congiunturali dell’economia sono le condizioni costanti e durature di benessere o di povertà a condizionare il diverso uso della Tv, come si evidenzia nel divario del consumo televisivo che c’è, per esempio, fra il sud, più alto, e il nord d’Italia, più basso.

Quali sono le variabili, insieme all’età (è noto che gli anziani guardano molto la Tv), che più di altre determinano il consumo televisivo?

Probabilmente le condizioni sociali. In particolare è il livello culturale delle persone che determina la quantità di televisione consumata. Se si preferisce leggere i libri e i giornali, se si usa il web per ampliare le conoscenze, se si frequentano mostre o centri culturali, se c’è il costante desiderio di auto-migliorarsi è ovvio che si sia poco propensi a guardare la Tv.

Nella tabella sono elencati i consumi dei principali target. A riprova di quanto detto, si cita che il target “livello economico alto e sociale basso” manifesta il consumo televisivo più alto in assoluto, 387 minuti in media giornaliera contro la media generale di 255 minuti; mentre il target “livello sociale alto ed economico basso” fa registrare un consumo basso, 178 minuti. Un consumo contenuto registra inoltre chi ha una scolarità medio-superiore e universitaria.

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Per curiosità si segnala il basso consumo di televisione dei cinque milioni di stranieri residenti in Italia: solo 155 minuti, come i laureati (forse in questo caso incide la questione della lingua).

Più che le condizioni economiche, è quindi lo status sociale a condizionare i consumi mediali.

La televisione, che ha come obiettivo quella della massimizzazione degli ascolti, non può che rivolgersi al pubblico degli iper-televisivi, adattando a esso forme e contenuti dei programmi. In questo modo si cerca di consolidare l’ascolto del proprio zuccolo duro, peraltro ancora maggioritario, mentre è difficile che i fuoriusciti dalla Tv possano ritornare indietro nelle loro scelte. Ci sono due mondi, i televisivi e i non-televisivi, che s’incontrano davanti al video raramente, per esempio durante i grandi eventi, come i mondiali di calcio, il Festival di Sanremo, e in poche altre occasioni.

La televisione, che è stata un grande collante sociale, ora divide la società più che unirla. E questo fenomeno riguarda tutto il sistema della comunicazione.

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