Noi siamo immersi senza dubbio alcuno nei due miliardi e mezzo di individui che, guardando al mondo intero, vengono definiti “ceto medio globale”, la seconda classe del Titanic, quelli che hanno qualche soldo in più del “ceto basso”, ma neanche si sognano di condividere usi e costumi del “ceto alto”. Il ché, tradotto in abitudini serali, ci esclude dalle feste in terrazza col mondo che sciala, ma neppure ci costringe alla compagnia della sola tv cosiddetta “gratuita” (finanziata da pubblicità e canone). Infatti quei quattro spiccioli di cui possiamo disporre decidemmo anni orsono di consegnarli mensilmente a Rupert Murdoch, per abbuffarci di film e documentari in quantità (ma anche Sky News24 non è male).

A volte ci piglia lo scrupolo: non sarà che così facendo ci sottraiamo al comunitario palpito di cuori per le carrambate di Antonella Clerici, per gli intrecci delle telenovelas spagnole tradotte o adattate per l’Italia, per l’incrociato puntarsi il dito addosso dei talk show con i politici e sulla politica? La risposta è: sì, ci sottraiamo! Ma non sempre e non metodicamente, e comunque solo per affratellarci alla più vasta compagnia globale degli utenti della pay tv, che si sincronizza davanti alle tv per gli esordi o i sequel delle serie americane. Una condivisione di temi e intrecci narrativi che (fusi orari a parte) va dall’Europa agli Usa, dal Sud America all’Australia e via circumnavigando. Una simultaneità che nasce per fare grancassa, ma anche per prendere in contropiede i pirati del download, della registrazione abusiva che si insinuava attraverso il web fino ai Paesi che dalla prima visione erano inizialmente esclusi .

I temi e gli intrecci narrativi riguardano essenzialmente il Potere, in tutte le sue declinazioni narrative. Né ci inganna che “The Games of Thrones” (ieri sera giunto alla quinta annualità) lo traducano agli italiani come “Il Trono di Spade”, quasi a volerlo spacciare per un “cappa e spada”. Se davvero lo fosse, lo avremmo tranquillamente snobbato e con noi, ne siamo certi, gli altri cetomedisti globali. Perché noi non pratichiamo la scherma e non ce ne intendiamo affatto, ma -tra gerarchie d’ufficio e di mestiere – del potere ci intendiamo assai. Non certo di quello con la “P” maiuscola, che non sappiamo bene in mano a chi sia, ma di quello con la “p” quotidiana, che vediamo affollato di reucci capricciosi e spietati, di corpi in vendita e di innocenze imperdonabili. Aggiungici la “Barriera”, che nella fiction sbarra il passo ai migranti inseguiti a loro volta dai mostri alieni, e così si completa l’analogia con quello che viviamo e con quanto leggiamo sui giornali e orecchiamo nei Tg.

Certo, sono storie già lette e rilette nella Bibbia, il centone delle trame che si riproducono da millenni sempre uguali e solo cambiando nomi, luoghi e circostanze. Ma se da tanto lungo tempo vanno così alla grande, una ragione ci sarà. Tant’è che siamo ancora qui a pagare pur di ritrovarli.

Post scriptum
Mentre stiamo a strologare di ceto medio, Bibbia e potere, ci avvertono che ieri si sono spenti per dieci minuti i canali Mediaset. Se, dopo il niet della Consob, volevano ritirare l’opas su Rai Way potevano scegliere, diremmo, un modo più sommesso.

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