“Io sono uno degli 80 del VII Nucleo. Io ero quella notte alla Diaz. Io ci rientrerei mille e mille volte”. A scriverlo su Facebook è stato Fabio Tortosa, poliziotto che dice di aver partecipato alle operazioni del luglio 2001 durante il G8 di Genova. Il suo post sul social network risale al 9 aprile scorso, ovvero due giorni dopo la sentenza della Corte Europea che ha stabilito che alla scuola Diaz vennero fatte azioni di tortura sui manifestanti.  “Lì dentro io c’ero e so cosa è successo”, scrive Tortosa nei commenti al suo post, “ognuno di voi no e non potete saperlo quanto me. Vi chiedo solo di non dare retta a uno come il pm Zucca (retaggio della lotta rossa del 68)”. Il dipartimento di Pubblica sicurezza ha già avviato gli accertamenti relativi alla paternità delle dichiarazioni contenute e, ha fatto sapere che “nel caso fossero opera di un appartenente alla polizia di Stato, si avvieranno le conseguenti procedure disciplinari”. Sono stati disposti controlli anche su chi ha commentato sotto il post. “Sono stato travisato”, si è giustificato in serata Tortosa che fa parte del sindacato di polizia Consap ed è ex allenatore di football americano.

Anche la politica promette un intervento sulla questione. “Non escludo massima severità”, ha detto il ministro dell’Interno Angelino Alfano, “Faremo presto luce su fatti di simile gravità”. Il presidente del Consiglio ha invece ribadito l’intenzione di procedere con l’introduzione del reato di tortura. “No a capri espiatori”, ha poi aggiunto Matteo Renzi in riferimento alla richiesta di dimissioni da più parti dell’ex capo della Polizia Gianni De Gennaro, “ma ancora non è stata fatta chiarezza fino in fondo sulle “responsabilità politiche di chi ha gestito quella vicenda”.

Tortosa, sempre su Facebook, aveva continuato dicendo che sui fatti sarebbero state raccontate due diverse verità: “Io ero uno dei pochi a volto scoperto, perché nessuno dei 79 refertatimi addita come il loro torturatore, eppure avrebbero avuto motivo di farlo. Noi abbiamo detto la verità stupidi. Il mio condottiero Michelangelo Fournier durante un’udienza del processo disse: ‘Quando siamo entrati ho visto scena da macelleria messicana‘. Lo sapevate? No. Perché la stampa ha ricamato su questa frase facendo passare il mio capo come un pentito. Coglioni! Ha detto ‘Quando siamo entrati….. Qualcuno aveva già fatto il lavoro'”. Fournier all’epoca dei fatti era il comandante del settimo nucleo sperimentale istituito proprio per il G8 di Genova. Durante le deposizioni del procedimento fu lui a descrivere le violenze commesse dai poliziotti ai danni dei manifestanti, attribuendole però a personale esterno al suo nucleo.

La deposizione di Fournier al processo Diaz davanti al pm Francesco Cardona Albini (13 giugno 2007)
Fournier: “Guardi io al primo piano, quando sono arrivato, ho trovato in atto delle colluttazioni. Ho trovato in atto delle colluttazioni che non erano tali.
Cardona Albini. Cioè?
F. E cioè che purtroppo se erano colluttazioni erano unilaterali.
C. Può spiegare?
F. C’erano quattro o cinque poliziotti, io questo non sono in grado di riferirlo, due in borghese e uno o due forse con la divisa del reparto mobile con la cintura bianca che stavano facendo quello che non doveva essere fatto, cioè una volta praticamente inertizzati stavano, stavano infierendo sui feriti.
C. Perché non lo ha detto prima questo?
F. Per il senso di appartenenza che può essere anche confuso con omertà, in un momento così difficile di strepitus fori per tutto quello che si stava levando non me la sono sentita, non me la sono sentita. Io sono cresciuto e vivo in una famiglia di poliziotti, non ho avuto il coraggio di dover rilevare in una sede così significativa come quella di un procedimento penale un comportamento così grave. (…)
F. Quando ci sono queste colluttazioni, ci vado anch’io e inizio a urlare anche io «Fermi, fermi», però dopo un po’, come ho detto prima, queste colluttazioni erano a senso unico, cioè le facevano solamente questi quattro o cinque energumeni nei confronti di queste persone che ormai erano ridotte in condizioni di non poter, di non potere reagire e io a quel punto ho dovuto urlare «Basta, basta» (…). Io dopo mi sono, sono rimasto terrorizzato, basito quando ho trovato la ragazza con la testa aperta.
C. Lei quindi ha visto chi ha causato quella lesione?
F. Io ho visto, ho visto delle sagome al buio, non mi sono reso conto di chi potesse essere, su 400 persone lì dentro. (…)
C. Appena lei ha urlato questo «Basta, basta» cosa è successo?
F. C’è stata anche una reazione di fastidio. Poi si saranno resi conto o che ero un funzionario o altro e hanno smesso e se ne sono andati.
C. All’epoca lei parlò di una persona ferita?
F. (…) Mi sono imbattuto in una ragazza alta circa 1 e 80 con un corpo abbastanza mascolino, robusto, probabilmente nordica, che giaceva in una pozza di sangue, ma sangue veramente copioso, la cosa più allarmante e che ho potuto verificare che c’erano dei grumi, grumi che sul momento io ho scambiato per materia cerebrale. (…) Per me stava morendo se vuole sapere questo, per me questa ragazza stava morendo là davanti.

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