Verso la milanesizzazione di Torino? Raramente  un  solo nuovo edificio ha così stravolto il disegno di una città come è accaduto a Torino per via del grattacielo Intesa San Paolo, ufficialmente inaugurato venerdì 10 aprile con una apertura straordinaria delle visite alla terrazza. In realtà  i lavori non sono ancora del tutto finiti e poi si farà fatica a occupare i 38 piani previsti a uffici, mentre in altre parti della città i locali lasciati liberi per convergere nella Torre di Renzo Piano resteranno sfitti. Ma ne sappiamo poco, così come non sappiamo quale sia stata la superparcella di Renzo Piano: la copertura che i media hanno dedicato all’evento è stata acritica, non si sono poste domande. Persino l’ascensore che si blocca per quasi 10 minuti con dentro i Vip non ha fatto notizia. E nessuno ha scandagliato l’anomalia nei costi per  l’altro grattacielo torinese, quello della Regione, urbanisticamente  “sdoganato” da quello della Banca: si parla di un preventivo di meno di 300 milioni anche se sarà più alto di questo della Banca per il quale invece il costo (compreso di trasloco) è  sul mezzo miliardo di euro. Molto probabilmente è stata la Regione a sottostimare, e tutti a dare addosso alla parcella di Fuksas, poco più di 20 milioni.. Mentre se la Banca ne dà il doppio, va tutto bene perchè sono soldi privati? Due verità interessanti le ha dette –  con ingenuità o con raffinata allusione-  il presidente di Intesa San Paolo Bazoli.

torino
La prima: ‘Questo grattacielo rappresenta il nostro modo di essere banca, che si differenzia da chi ritiene che fare banca sia solo massimizzare il risultato finanziario senza guardare ad altro’. Il  che tradotto signfica che non si tratta di un buon investimento, né tantomeno di una necessità operativa, ma di altro. Un tributo pagato a esigenze di immagine, o anche agli oneri di urbanizzazione per un Comune che (più o meno come tanti altri) svende licenze edilizie per incassare qualche prezioso milione.
Una polemica costante si è sviluppata dalla fine del 2007  sulla opportunità  di  stravolgere così significativamente il disegno della città, che per tutto il boom industriale e tecnologico del Novecento aveva  resistito a difendere il suo  paesaggio con la corona delle vicine Alpi e delle colline, contrappuntata dalla sottile guglia della Mole.
E  qui la seconda verità di Bazoli  “Questo grattacielo rappresenta il simbolo della fusione tra Milano e Torino, tra Banca Intesa e Sanpaolo Imi“. In altre parole una milanesizzazione di Torino nel segno dell’egemonia, almeno urbanistica, delle torri delle banche.
Il Comitato ‘Non grattiamo il cielo di Torino’ ha perso la sua battaglia per evitare che i grattacieli di Banca Intesa (167 metri) e della Regione (200)  potessero superare i 100 metri. Ma una soddisfazione morale l’ha avuta sul piano dell’immagine della città. Anche se la Torre di Piano  risulta centrale e soverchiante, la Mole resta egemone in tutta la produzione di immagini visive della città. La nuova torre viene perlopiù  evitata. Forse, batti e ribatti, la “cartolina” della città cambierà ma per ora non è così. Anzi, nelle riprese tv  e cinematografiche di Torino così come nelle cartoline web o vere e proprie il grattacielo testè inaugurato e quello incombente della Regione vengono rimossi, ignorati, accantonati.
L’opinione pubblica è spaccata ma la maggioranza è  molto probabilmente con chi non sentiva per nulla le necessità di questo stravolgimento. Unica cosa positiva, unico elemento che accomuna tutti: finalmente c’è di nuovo un punto alto da cui si può  vedere la città con la sua Mole e la sua corona di monti e colline senza l’ingombro del grattacielo…Questo luogo unico è la terrazza del grattacielo stesso!
Articolo Precedente

Ultima cena, non solo pane e vino: menù per Gesù e apostoli con pesce e fichi

next
Articolo Successivo

Ernesto Laclau, uno spettro di populismo si aggira per l’Europa

next