Profondo rosso per il Banco Popolare, che ora sogna l’aggregazione con Bpm o Ubi. I quasi 33mila soci (circa 8mila dei quali presenti fisicamente) che sabato hanno partecipato all’assemblea dell’istituto di credito veronese hanno approvato il bilancio 2014, che, come comunicato a febbraio, si è chiuso con una perdita netta di 1,9 miliardi, che salgono a più di 2 per la capogruppo. L’amministratore delegato Pier Francesco Saviotti ha ribadito che la fusione con la Popolare di Milano è “un sogno”, “non impossibile ma non facile”. “Non si sa mai, non mettiamo limiti”, ha detto il manager, aprendo però anche alla possibilità, come seconda scelta, di un matrimonio con Ubi. La stagione delle assemblee coincide dunque con l’avvio, almeno a parole, di quel valzer di fusioni che dovrebbe essere propiziato dall’entrata in vigore della riforma che impone ai maggiori istituti popolari di trasformarsi in società per azioni.

Le perdite 2014 del Banco saranno coperte, si legge nel comunicato, facendo ricorso alle riserve disponibili. A determinare il risultato negativo ha contribuito principalmente il peso delle rettifiche nette di valore su crediti. Hanno pesato soprattutto le variazioni sui processi di classificazione e valutazione del credito in seguito all’analisi dei risultati dell’Asset quality review condotta dalla Banca centrale europea. Risultati che hanno evidenziato aggiustamenti prudenziali per 1,6 miliardi.

La raccolta diretta al 31 dicembre 2014 ammontava a 86,5 miliardi, in decremento del 3,9% rispetto ai 90 miliardi del 31 dicembre 2013. Il calo registrato su base annua e l’analoga diminuzione del volume degli attivi sono imputabili alla diminuzione della raccolta obbligazionaria. La raccolta indiretta, pari a 66,5 miliardi, segna un incremento del 4,1% rispetto ai 63,8 miliardi di inizio anno.

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