Se vi trovate in balia dell’autoradio attorno alle 20.30 può capitarvi di ascoltare su Radio24 La Zanzara, un format che nel campo dei talk show si apparenta a quello di Cencio alla Parolaccia nel settore della ristorazione. Per ambedue l’idea portante è il gioco dell’insulto, reciproco, fra l’oste e l’ospite. In genere, come nella famosa trattoria, sono gli inservienti (Cruciani e Parenzo) che bistrattano i clienti. Più raro che sia viceversa, perché il più delle volte chi chiama da fuori ci tiene talmente tanto a vivere i suoi quindici nanosecondi di celebrità, che cerca in ogni modo di depositare parole e concetti, anche a costo di subire passivamente gli sberleffi della casa.

La situazione, perlopiù farsesca, ieri sera ha cambiato registro perché al telefono si sono affacciati un paio di tifosi dello sparatore di Milano, che non solo non negavano, ma anzi sostenevano con vigore, che quei tre morti erano solo “un buon inizio” (citazione di una battuta cinico-comica di non ricordiamo quale film Usa, dove gli eliminati erano mille avvocati incatenati in fondo all’oceano).

L’argomentazione, se possiamo permetterci di sintetizzarla, era che chiunque se ne sta col sedere al caldo e lo stipendio garantito è nemico di chi, come lo sparatore lombardo, si arrabatta a fare il piccolo imprenditore, fra ostilità burocratiche e prepotenze dei più forti. Sicché, fra tanti che in silenzio quotidianamente soffrono e abbozzano, non fa meraviglia che uno, ogni tanto, salti su a sparare.  Tanto più se prende a bersaglio gli azzeccagarbugli che, non importa se magistrati o avvocati, sono esperti delle chiacchiere, sono cioè gli esperti del “dire” che sfruttano gli addetti al “fare”.

Davanti a questo Mein Kampf, fondato sull’usuale base di solido vittimismo, i due conduttori si sono divisi i compiti: l’uno replicava con male parole, mentre l’altro badava bene a che non venisse meno il contatto, perché il momento era propizio per la tenuta dell’ascolto e la propagazione virale sui social media.

Per non dire di quelli che, come noi, stanno ancora a parlarne il giorno successivo. Però una ragione ci deve essere se ce n’è venuta voglia e se, più svelto di noi, perfino Mattarella ha capito il senso dell’evento senza stare ad aspettare Radio24 e ieri è corso a impugnare i media per dire: “Ora basta”. Lui si riferiva ovviamente alla campagna pluridecennale contro l’autonomia della magistratura, al di là delle occasioni che la complessa istituzione offre a chi ha interesse a denigrarla.

Anche noi vorremmo dire un bel “basta” a quello che abbiamo sentito urlare ieri sera. Ma temiamo che ci aspetti una lunga battaglia contro il nostro stesso modo di vivere e pensare perché ci sembrerebbe troppo facile fare gli innocenti e gli stupiti rispetto alla destrutturazione particolaristica della società italiana.

Si dirà che, trattandosi di Italia, piove sul bagnato, che il problema è antico e che a incasinarlo si aggiungono oggi i media, che amplificano le malmostosità, le cavalcano, ne campano. Ma noi continuiamo a sentirci come se ci fosse spuntato l’Isis in casa: fa schifo, lo combatti, ma intanto non puoi fare a meno di domandarti perché.

Sarà che non ci era mai capitato, finora, di sentire un tizio telefonare a un talk show per celebrare un assassino. “Un piccolo passo per un uomo, un grande passo per l’umanità” diceva l’Armstrong sulla Luna. Il problema è in quale direzione.

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