Una sera a New York nei primi anni ’70 in compagnia del grande violinista Joe Venuti e del giornalista Giuliano Fournier decisi di andare a trovare Woody Allen che si esibiva con la sua band al Michael’s Pub.

Arrivammo che la band era già in azione sul palco tutti impeccabilmente in smoking mentre Woody vestito casual e con un cappellaccio suonava il clarinetto quasi incurante che ci fosse un pubblico che era lì per lui. A un tavolo vicino al nostro sedeva Diane Keaton allora sua fidanzata. Woody si accorse della presenza di Joe Venuti e durante la pausa fece alzare Diane dal suo tavolo e assieme si aggiunsero al nostro. Woody era alla mia sinistra e cominciammo a conversare di jazz e di spettacolo. Gli proposi di venire in Italia e di studiare assieme qualcosa per la Tv; lui molto professionalmente mi mise in mano un biglietto da visita dicendomi: “Questo è l’indirizzo del mio manager, se vuoi parlare di lavoro puoi contattare lui!”; più o meno alla maniera di uno dei personaggi niente affatto simpatici che interpretava nei suoi bellissimi film. Mentre eravamo seduti si avvicinò al nostro tavolo un signore milanese che Giuliano e io avevamo conosciuto sull’aereo al quale avevamo detto che saremmo andati al Michael’s Pub. Senza essere invitato, sedette eccitato al nostro tavolo vicino a Woody e lo salutò con una sonora manata sulla spalla che gli fece cadere gli occhiali esclamando: “Oè! Te’l chi el’ Woody Allen!“.

A stento trattenemmo le risa che continuarono anche dopo che Woody lasciò il nostro tavolo per la seconda parte dello spettacolo.

Qualche tempo dopo mi recai a New Orleans con Oscar Klein e una sera a una jam session incontrammo il batterista Barry “Kid” Martin che a New York divideva l’appartamento con Woody Allen. Mi venne in mente che avrei potuto dedicare uno degli special, che stavo realizzando alla Televisione Svizzera, alla musica del clarinettista George Lewis a cui Allen si ispirava e che avrei potuto chiamare lui stesso a ricordarlo. Barry mi diede il suo indirizzo e mi consigliò di scrivergli; mi disse inoltre che al suo ritorno a New York glie lo avrebbe ricordato anche lui. Di ritorno a Milano gli scrissi ricordandogli il nostro incontro con Joe Venuti e la mia amicizia con Barry “Kid” Martin, invitandolo a Lugano e aggiungendo che, se questo non fosse stato possibile, lo avrei raggiunto con una squadra a New York per registrare un suo intervento. Gli dissi anche che la Televisione Svizzera non avrebbe avuto problemi per il suo cachet. Non si degnò neanche di rispondermi (probabilmente per risparmiare i soldi per il francobollo).

Articolo Precedente

Il ritorno dei Fata: nichilismo artificiale tascabile

next
Articolo Successivo

‘I Porcupine Tree? Un passo indietro nella mia carriera’: intervista a Steven Wilson

next