A Montebelluna e a Vicenza è tempo di tagli. Drastici ma non troppo, come si conviene a due grandi banche popolari non quotate in Borsa che, una volta l’anno, decidono quale valore attribuire alle proprie azioni. In tempi non distanti il valore veniva rivisto al rialzo anno dopo anno, fino a toccare livelli inarrivabili se Veneto Banca e Popolare Vicenza si fossero sottoposte al giudizio quotidiano del mercato. Ora però è tempo di ingranare la retromarcia e pilotare la discesa, con buona pace degli azionisti che quelle azioni le hanno pagate a caro prezzo e sono stati costretti a tenersele essendo praticamente impossibile venderle, specie negli ultimi anni. O se le sono ritrovate in mano, come successo agli obbligazionisti di Popolare Vicenza che si sono visti rimborsare anticipatamente in azioni il prestito, mossa decisa dalla banca presieduta da Gianni Zonin per evitare in extremis la bocciatura da parte della Bce. O magari le hanno date in pegno.

Poco importa: il valore attribuito negli anni scorsi non era più sostenibile alla luce dei bilanci delle due banche, chiusi con perdite record e svalutazioni miliardarie. E così i consigli d’amministrazione delle due popolari hanno deciso di proporre alle rispettive assemblee dei soci un adeguamento al ribasso del valore delle azioni: da 62,5 a 48 euro (-23,2%) la Banca popolare di Vicenza, da 39,5 a 30,5 euro (-22,8%) Veneto Banca. E non è detto che basti: a questi prezzi le azioni delle due popolari continuano ad essere nettamente sopravvalutate rispetto a quelle delle banche quotate, perché esprimono rispettivamente un rapporto tra valore e patrimonio di 1,2 e di 1,28, contro una media del settore bancario ampiamente inferiore a 1. Dunque nell’ipotesi di un’aggregazione (l’advisor Mediobanca ha indicato come candidati papabili per Vicenza il Credito Valtellinese, la Popolare di Sondrio, Carige e la stessa Veneto Banca) resa altamente probabile dall’obbligo di trasformazione in spa e, soprattutto, dalla debolezza delle due banche venete, è verosimile che il valore delle azioni verrà riportato a multipli più consoni. Avendo però già oggi un po’ tagliato di propria sponte il prezzo, la caduta potrà sembrare meno brusca rispetto a sedersi al tavolo delle trattative partendo dall’insostenibile quota di 62,50 o di 39,5 euro per azione. E ai tanti soci delle due popolari non resterà che mandar giù l’ennesimo boccone amaro.

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