Per il quindicesimo anno consecutivo la Royal Albert Hall accoglie l’iniziativa dell’associazione “Teenage Cancer Trust” che si occupa di raccogliere fondi in favore dei giovani malati di cancro; una settimana di spettacoli che quest’anno, tra gli altri ha visto alternarsi sul palco gli “Who”, Paul Weller, Noel Gallagher, Wilko Johnson e Johnny Marr. Una delle punte di diamante della rassegna è stata senza ombra di dubbio l’esibizione di Van Morrison, il cui concerto ha coinciso con la pubblicazione del suo trentacinquesimo album in studio “Duets: Re-Working The Catalogue”, dove tra i vari ospiti spiccano Bobby Womack (che purtroppo è venuto a mancare poco dopo la registrazione di “Some Peace Of Mind”), Mavis Straples, P.J. Proby, Mark Knopfler, Steve Winwood, Taj Mahal e anche l’inatteso Michael Bublé .

Dall’imperscrutabile musicista di Belfast ci si deve aspettare di tutto, soprattutto quando si parla di live, dove l’elemento imprevedibilità è d’obbligo. Ecco quindi che a pochi minuti dall’inizio del concerto ancora non si hanno notizie di quali potrebbero essere gli ospiti della serata. La scaletta sarà caratterizzata dalla riproposizione di “Duets: Re-Working The Catalog” con quanti più ospiti possibili? O verrano eseguiti brani meno conosciuti e che non sono presenti nel disco appena uscito? Oppure si attingerà soprattutto da album angolari come “Astral Weeks”, “No Guru, No Method, No Teacher”, “Moondance” e “Veedon Fleece”? Quali canzoni dalle 350 in repertorio verranno scelte? Il mistero si svelerà canzone dopo canzone, in un crescendo mistico che caratterizzerà questa serata molto particolare.

Come da copione la band attacca il primo brano del concerto per preparare l’entrata di Van Morrison, che raggiunge il centro del palco in compagnia del suo sassofono. Dopo l’apertura con “Celtic Swing” c’è tempo per una “Higher Than The World” e poi, per buona parte del concerto, si alterneranno sul palco i diversi ospiti: da Clare Teal che dona delicatezza non solo a “Carryng a Torch” (già presente in “Duets: Re-Working The Catalog”), ma anche alla meravigliosa “The Way Young Lovers Do”. L’altro ospite – anch’esso presente nell’ultimo disco – è P.J. Proby che sale sul palco per tre brani, compreso “Whatever Happened to P.J. Proby”, brano dall’album del 2002 “Down The Road”. Una delle sorprese della serata è stato il duetto di Van Morrison con Roger Daltrey (quest’anno testimonial del “Teenage Cancer Trust”) per una versione di “Talk Is Cheap” dove l’armonica di Daltrey si alterna perfettamente alle voci di questi due giganti; mentre Georgie Fame guadagna il palco per “Get On With The Show”, “The New Symphony Sid” e “Centerpiece”. Mick Hucknall (Simple Minds) è forse l’ospite più inatteso della serata e insieme a Van Morrison regala una “Street of Arklow” emozionante, perfetto preludio all’ultimo atto del concerto (che non vedrà più ospiti sul palco).

Gli ultimi cinque brani sono un’ascesa vertiginosa: si parte con “Moondance” dove il sassofono di Van ad un tratto sembra richiamare “So What” di Miles Davies, trasformando i due accordi iniziali della composizione di Davies in una sorta di mantra. “Magic Time” e la famosissima “Brown Eyed Girl” aprono la strada ad una “Celtic Excavation” che confluisce in quella che è forse la composizione più bella di Van Morrison, “Into The Mystic”, che dal vivo si trasforma in un’esplosione di emozioni dalla potenza devastante. Come da consuetudine Van Morrison lascia il palco continuando a recitare il suo “too late to stop now”, per poi rientrare – eccezionalmente – per un bis: “In The Garden”. “No guru, no method, no teacher”, l’essenza del musicista di Belfast trova in questo verso la sua sintesi perfetta e nonostante l’età – saranno settanta ad agosto – quando sale sul palco riesce a tracciare percorsi straordinari per chi riesce a condividerne le vibrazioni. Dopo sette anni Van Morrison tornerà a suonare in Italia: il 6 giugno sarà sul palco del Brescia Summer festival.

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