Fughe di notizie, indiscrezioni, scenari catastrofici. Mentre i negoziati tra Atene e i creditori europei sull’ultima tranche di aiuti continuano a trascinarsi senza alcun segnale di accelerazione, per il governo Tsipras arriva un nuovo colpo basso: il quotidiano britannico Telegraph cita anonime fonti di Syriza secondo cui l’esecutivo sta mettendo a punto un drastico piano di emergenza da mettere in atto in caso di fallimento delle trattative con il Brussels group, successore della troika. Gli interventi vanno previsti vanno dalla nazionalizzazione delle banche al ritorno alla dracma (che “coesisterebbe” comunque con l’euro). Passando per la messa in mora dai pagamenti al Fondo monetario internazionale.

“Chiuderemo le banche e le nazionalizzeremo, quindi emetteremo certificati di debito se dobbiamo. E sappiamo tutti cosa questo significhi. Di certo non diventeremo un protettorato dell’Ue”, dice la fonte. Secondo il Telegraph, questo “equivale a un ritorno alla dracma”, nel senso che nel Paese la vecchia valuta ricomincerà a circolare insieme all’euro e sarà utilizzata per pagare gli stipendi. “Siamo un governo di sinistra e se dobbiamo scegliere tra non pagare il Fmi e non pagare i nostri cittadini, la scelta è scontata”, afferma poi un dirigente del partito del premier parlando del rimborso della prossima rata del prestito (450 milioni) dovuta al fondo, in calendario per il 9 aprile. “Vogliono costringerci al rituale dell’umiliazione. Stanno cercando di metterci con le spalle al muro e scegliere tra il default verso la popolazione (il 14 aprile devono essere pagati stipendi pubblici e pensioni, ndr) e sottoscrivere un accordo che è politicamente tossico per noi. Se questo è il loro obiettivo, noi non ci stiamo”.

Non ripagare l’Fmi sarebbe di fatto un default. ma il governo vorrebbe trovare una formula di compromesso attraverso una procedura di messa in mora, una sorta di pre-default nel corso del quale continuare a trattare con la troika. Di certo risultare insolvente, anche solo di qualche giorno, verso il Fondo, è una strategia estremamente rischiosa. Nessun Paese sviluppato è mai stato inadempiente nei confronti delle istituzioni di Bretton Woods, ricorda il Telegraph, e sebbene sia previsto un “periodo di grazia” di sei settimane prima che l’istituzione dichiari il fallimento tecnico del Paese, il processo potrebbe sfuggire di mano in qualsiasi momento.

Puntuale come sempre, da Atene è arrivata una smentita: “Siamo pronti a pagare il 9 aprile”, ha fatto sapere il viceministro delle Finanze Dimitris Mardas. Che ha affermato che le entrate di marzo hanno superato le previsioni e che vi sono progressi nel negoziato con i creditori internazionali.

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