Il tamponamento. Le fiamme. Un bambino di 4 anni che brucia vivo, intrappolato nella Jeep. E’ accaduto del 2012, in Georgia. Per la giuria di Bainbridge, c’è un solo responsabile di quella morte: il colosso automobilistico Fiat Chrysler Automobiles, condannato a pagare 150 milioni di dollari di risarcimento danni: 120 per la vita del bambino, 30 per il suo dolore e la sua sofferenza. Processo di primo grado iniziato due settimane fa. Verdetto raggiunto in meno di due ore, riporta il Wall Street Journal.

Secondo la giuria, la causa automobilistica, il cui amministratore delegato è Sergio Marchionne, ha agito in modo “incauto o con noncuranza per la vita umana” nel design e nella vendita di mezzi con serbatoi montati dietro l’asse posteriore vulnerabili in caso di collisione. Su uno di quei modelli – una Jeep Grand Cherokee costruita nel 1999 – viaggiava nel marzo di tre anni fa Remington Walden. Sua zia era al volante quando un camioncino tamponò l’auto che prese immediatamente fuoco. E quelle fiamme – non hanno dubbi i 12 giurati (11 donne e un uomo) – sono state originate proprio dal serbatoio di carburante. Per la giuria, al 99 per cento la colpa di quello che è accaduto è di Chrysler, solo per l’1 per cento dell’autista che ha provocato l’incidente.

Un portavoce dell’azienda, esprimendo la propria delusione per il verdetto, ha detto che la casa automobilistica potrebbe considerare di ricorrere in appello. “Quello che Fiat Chrysler Automobiles ha fatto è inaccettabile, le famiglie sono state messe a rischio e la giuria lo ha capito”, precisa Jeb Butler, legale della famiglia del bambino.

Il verdetto arriva a due anni da quando Chrysler aveva accettato, in accordo con i regolatori Usa per la sicurezza stradale, il richiamo di alcuni modelli vecchi di Jeep con il serbatoio posteriore. Secondo documenti federali, riporta il Miami Herald, almeno 75 persone sarebbero morte in incendi causati da questo tipo di serbatoio.

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