Antonio Conte e lo Juventus Stadium sono un binomio solido, anche se di mezzo non ci sono maglie bianconere. Dopo una settimana tesa – nella quale sono state frullate polemiche su oriundi, infortuni e scudetti “coperti” – il c.t. pesta l’erba dell’impianto nel quale si è affermato e l’Italia fa il carico di certezze, pur mancando la vittoria. L’Inghilterra è sempre un avversario che rende saporiti i novanta minuti. E infatti l’Italia risponde, frustando i leoni di Sua Maestà per oltre un tempo anche se non bissa il successo brasiliano di giugno. Lo spettacolo è per pochi, perché uno Stadium così vuoto – poco più di 30mila spettatori – non si era quasi mai visto. Chi ha comprato il biglietto, però, non ha sbagliato. Tra assenze e turnover post Bulgaria, gli undici scelti da Conte sono un mix sperimentale. Che non dispiace, affatto, soprattutto nel primo tempo. Merito di chi vede avverarsi un sogno lungo una carriera (Valdifiori), di chi cerca di rianimare un 2015 soporifero (Pellè) e di chi ritrova le zolle di campo a lui più congeniali (Darmian).

Dopo i segnali distensivi del pre-partita sotto il profilo politico con gli incontri più o meno formali tra Tavecchio, Agnelli e lo stesso Conte, arrivano anche appunti positivi dal campo. La prima di Valdifiori dopo le mirabilie con l’Empoli è positiva. Per oltre un’ora il centrocampista detta i tempi come fa in Toscana, scatenando la corsa degli esterni e le incursioni di Parolo. Proprio dai piedi del laziale arriva il primo pericolo per Hart dopo un quarto d’ora di studio. Alla scintilla azzurra rispondono Rooney e Kane. Ma il fuoco italiano cresce e alla mezz’ora diventa un incendio, appiccato da Pellè. Tre presenze in nazionale, due gol per l’attaccante del Southampton. Segna contro i compagni di Premier, che negli ultimi mesi lo hanno visto appassire dopo una prima parte di stagione scoppiettante. È il suo primo gol nel 2015, ispirato da Chiellini. Un caso? Le statistiche dicono tutt’altro. Il centrale azzurro ha messo lo zampino in quattro delle ultime otto reti dell’Italia, confezionando due gol e altrettanti assist. Ma è tutta la truppa di Conte a muoversi bene: Darmian è a suo agio a sinistra dopo il dirottamento sulla fascia opposta in Bulgaria, Soriano e Parolo fanno densità, Eder gioca a elastico e il pressing è quello giusto, alto e asfissiante, come piace al ct. Che applaude quando i meccanismi innescano le reazioni giuste anche se arriva il recupero di palla.

Gli rimane anche il secondo urlo in gola a inizio ripresa, poco prima che inizi la girandola di cambi, quando Darmian innesca Eder e l’oriundo spara verso Hart, chiamato al miracolo di mano. Poi si arrabbia perché l’Inghilterra cresce con il passare dei minuti. Tanto. E inizia un duello a più riprese tra Rooney e Buffon. Mettono insieme 248 presenze in nazionale ma si sono incrociati solo due volte. Ed è un po’ come se volessero recuperare il tempo perduto. Vince il capitano azzurro, attento in almeno tre occasioni, ma costretto ad arrendersi a dieci minuti dalla fine sul destro a incrociare di Townsend: gran botta, precisa e velenosa. È il giusto premio a un secondo tempo trascorso con le tende nella metà campo italiana e un post-it per gli azzurri: certe partite vanno chiuse, come accadeva a Conte con la Juventus del resto. Troppe volte l’Italia verticalizza ma sciupa. La più clamorosa di tutte è l’occasione creata da Vazquez e sprecata da Antonelli nel finale. Per quanto visto nell’arco dei novanta minuti è giusto così. L’Inghilterra, dopo il Mondiale, aveva vinto sette partite su sette. Si ferma contro l’Italia. E’ un buon viatico in vista della sfida alla Croazia, a giugno, quando ci sarà in palio il primo posto nel girone.

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