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Genova, il teatro della Gioventù non chiuderà: accordo in extremis

La Hurly Burly, società concessionaria, morosa per oltre 96mila euro sul canone di affitto, ha accettato di rientrare del debito pregresso con pagamenti rateizzati

di Renzo Parodi

Tutto è bene quel che finisce bene, ma c’è mancato davvero poco: Il Teatro della Gioventù di Genova, gestito in concessione dalla Compagnia “The Kitchen Company”, ha davvero rischiato di chiudere. Per morosità nei confronti della Regione, proprietaria dell’edificio di via Cesarea, una costruzione degli anni Trenta (fu sede dell’Opera Nazionale Balilla) ristrutturata e restituita alla città con due sale teatrali per 465 posti. Negli ultimi tre anni il Teatro della Gioventù ha fatto registrare quasi 250mila presenze. Un piccolo record. Ma tutto poteva finire nel nulla, con un cartello appeso alla porta del teatro: “Chiuso per debiti”.

L’accordo, siglato dall’amministratrice della società concessionaria, la Hurly Burly, Eleonora D’Urso (che è anche l’attrice di punta della Compagnia) e gli uffici contabili della Regione, ha scongiurato l’ipotesi peggiore. La Hurly Burly, morosa per oltre 96mila euro sul canone di affitto, ha accettato di rientrare del debito pregresso con pagamenti rateizzati. Il primo versamento è stato già effettuato. La giunta Burlando ha autorizzato accordo che, spiega al Fattoquotidiano.it l’assessore al patrimonio, Pippo Rossetti, “consente all’amministrazione di rientrare in un tempo ragionevole dei propri crediti e al teatro di proseguire a lavorare.

La concessione, vinta in gara di appalto (alla quale peraltro aveva partecipato in solitudine) dalla Hurly Burly, scadrà l’11 dicembre 2017 e fissa in 60mila euro il canone annuale, garantito da una polizza fideiussoria di 240mila euro, dunque ampiamente capiente rispetto al debito accumulato. Il 6 marzo scorso, la giunta aveva deciso di avviare la procedura di revoca della concessione per morosità e di attivare il “paracadute” della polizza di assicurazione. <Se l’accordo non fosse onorato – dice Rossetti – faremo ripartire la procedura di revoca della concessione”. Per ragioni di sicurezza era stato intimato alla Hurly Burly di rimuovere la tensostruttura innalzata nel cortile retrostante il teatro, utilizzato come foyer per accogliere gli spettatori, ma gli inviti erano caduti nel vuoto.

La vicenda si è trascinata per quasi tre anni, turbata anche dall’alluvione dell’ottobre 2014 che ha provocato danni alla sala interrata da 100 posti e impedito alla compagnia di lavorare per 55 giorni. La Giunta aveva autorizzato l’intervento dell’Ire (l’agenzia regionale che ci occupa tra l’altro di ristrutturazioni edilizie) per un importo di 460mila euro. Lavori rimasti al palo, in attesa della definizione della controversia. Nel frattempo, la compagnia aveva ripreso l’attività. Con la certezza di poter sospendere fino al 30 giugno la corresponsione del canone di affitto, grazie alla legge regionale approvata a favore dei concessionari danneggiati dall’alluvione del 7 ottobre 2014. Nella fattispecie, il beneficio è stato goduto dalla Hurly Burly. Restava aperto il problema degli arretrati, quasi centomila euro. Risolto in extremis.

Spiega al Fattoquotidiano.it Eleonora d’Urso, sorella della show woman Barbara e attrice di punta della compagnia: “Il mancato pagamento da parte nostra dei canoni di affitto, negli ultimi due anni e mezzo, è dovuto al fatto che il Mibac non ci ha versato i contributi che a nostro giudizio ci spettano, nell’ordine di quasi un milione di euro. Ci siamo rivolti al Tar e attendiamo una decisione che liberi quei soldi. Undici mesi l’anno facciamo due spettacoli a sera e nel 2013, cito dati ufficiali forniti dall’assessore alla cultura del comune di Genova, abbiamo registrato un incremento degli spettatori pari al 31%, con 32mila presenze solo per lo spettacolo “Rumori fuori scena”. La politica dei prezzi bassi, un biglietto da noi costa in media appena 8 euro, ha riportato a teatro decine di migliaia di genovesi che la crisi economica aveva costretto a rinunciare. Da sei mesi non paghiamo gli stipendi agli attori ma non abbiamo intenzione di arrenderci. Io e Massimo (Chiesa, impresario teatrale, figlio di Ivo, anima dello Stabile genovese per decenni, ndr) facciamo un teatro di intrattenimento di elevata professionalità. Siamo l’unico teatro interamente di produzione che opera a Genova. Il dialettale? Lo scorso anno gli abbiamo lasciato spazio per una settimana e la media degli spettatori è risultata di otto a serata. E ancora dobbiamo vedere i quattrini per l’affitto della sala…”.

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