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‘Hair’, reality di parrucchieri ‘freak’. Costantino della Gherardesca: “La creatività arriva dai miei disordini psichiatrici”

Il conduttore si racconta a FQ Magazine prima di debuttare su RealTime con il suo nuovo programma: "In questo momento soffro di attacchi di panico, ansia e depressione" - ha raccontato - Ho sempre usato i mezzi di comunicazione come una seduta di terapia di gruppo e mi è servito"

di Domenico Naso

Quando arriva all’appuntamento davanti al ristorante che ha scelto per l’intervista, Costantino Della Gherardesca sfodera uno dei suoi tipici sorrisi aperti e rassicuranti. E tra un piatto di spaghetti sconditi e una mela (è periodo di dieta ferrea), ci racconta i suoi progetti televisivi (a cominciare da Hair, bizzarro talent di parrucchieri amatoriali che parte il 29 marzo su RealTime) ma soprattutto il momento personale che sta attraversando. Ansia, agorafobia, depressione, nemici che il conduttore di Pechino Express conosce benissimo da decenni e che sono tornati a trovarlo. La sigaretta accesa trema un po’ tra le dita, ma la lucidità non manca mai nei suoi ragionamenti: dai diritti gay all’islamofobia da combattere, Costantino riesce sempre a offrire un punto di vista mai banale e sicuramente raro in un ambiente omologato come quello dello spettacolo.

Sta per partire il tuo nuovo programma su Real Time. Sei già nella fase in cui puoi scegliere cosa fare e dove farlo?
Secondo me Hair è stata una scelta controintuitiva molto interessante, sia per me che spero per il telespettatore di Real Time. Da tempo vedo questi programmi medici che trattavano le nevrosi e li sento decisamente più simili alla televisione che voglio fare io rispetto ai grandi show di intrattenimento sui palchi con i musicisti e le vallette.

Cosa ci sarà in Hair?
È un programma della BBC ma l’ho riadattato e abbastanza stravolto perché l’originale è molto didascalico. La versione italiana è piaciuta molto a quelli della BBC: è lisergico, surreale. Con Hair ho avuto molta libertà, abbiamo potuto fare delle scelte secondo me abbastanza innovative: cast, temi trattati, regia.

Di che parla?
Il programma parla di parrucchieri amatoriali. Gente che fa tutt’altro nella vita: avvocato, bancario, lavori molto meno creativi. E magari tagliano i capelli agli amici o di notte, segretamente, pettinano una bambola. Ci sono persone con una nevrosi, un’ossessione per i capelli. Hanno una fissa per i capelli e per questo vorrebbero diventare parrucchieri professionisti. Altri, invece, vogliono diventarlo per mollare il loro lavoro serio e noioso.

Che cast ci dobbiamo attendere?
C’è gente da tutta Italia. E molti ragazzi decisi, schietti e allegri. È fondamentale evitare l’effetto televisivo per il quale tratti i concorrenti come fossero dei profughi. Nei talent giudici e conduttori si rivolgono ai concorrenti come se fossero delle vittime della nostra società che hanno una piccola occasione che Gesù Bambino gli ha dato per riscattarsi. Noi no: i concorrenti non sono dei piccoli passerottini feriti ma persone normali.

Che ti aspetti? Ti interessa lo share?
La mia intenzione originale era di fare un programma che andasse anche in modo decente all’Auditel. Ma quando ci siamo trovati lì con questi concorrenti pazzi e i giudici Adalberto e Charity, particolarmente qualificati e severi, è partita una cifra surreale che denoterà fortemente tutto il programma. Senza volerlo, abbiamo fatto un prodotto freak. Ma forse era inevitabile che andasse così. In fondo la creatività viene quasi sempre fuori dai disordini psichiatrici.

Andiamo per stereotipi: un programma di parrucchieri sarà pieno di gay?
Per quanto riguarda il casting delle persone omosessuali, ho voluto occuparmene personalmente. Ho deciso di scegliere i gay che al momento sono all’opposizione. Quelli che non pensano al sesso, alla discoteca e al proprio corpo, ma alla carta da parati, che hanno delle nevrosi, un gay che era maggioranza magari nei primi anni Cinquanta, nei film di Fellini, e adesso è una minoranza quasi bullizzata dal gay mainstream.

Parlando di omosessuali, non posso non chiederti cosa pensi sulla polemica tra Dolce e Gabbana e Elton John…
Ho un’idea molto precisa a riguardo: nella mia mente malata sono entrambi voci della destra.

E sull’omogenitorialità come la pensi?
Sono favorevole alla fertilizzazione in vitro, però se volessi adottare un bambino non ricorrerei ricorrere alla fertilizzazione in vitro in Ucraina o in California, ma vorrei poter adottare un bambino da noi. Sono molto favorevole all’adozione e secondo me c’è un forte tabù sull’argomento, anche per quanto riguarda gli eterosessuali e le donne single. Non è giusto che con decine di milioni che non hanno una casa, una doppia gay, un single gay o una donna etero non possa adottare un bambino. È quello il punto su cui sbagliano tutti: Dolce e Gabbana e Elton John. La vera battaglia da fare è quella per l’adozione.

Tu ti sposeresti?
Io adotterei un bambino. Per me la famiglia non è il matrimonio fascista con le bomboniere, ma dare una casa e un’educazione a persone che non ce l’hanno. Bisogna pensare a migliorare la società, a spezzare certi tabù. L’adozione è un tabù che c’è dai tempi antichi. Le guerre scoppiavano per i figli illegittimi…

E’ la solita storia del mito del sangue…
Esatto, il sangue che si deve tramandare. È una cosa un po’ nazista.

Quindi tu sei per una terza via tra Elton John e Dolce e Gabbana?
Sì, una terza via radicalmente diversa. Per quanto mi riguarda loro sono nello stesso milieu culturale. La differenza è minima.

Renzi ha promesso di varare una legge sulle unioni gay entro poche settimane. Ci credi?
Il riconoscimento delle coppie omosessuali è una esigenza europea e occidentale. Un qualsiasi governo filoeuropeo deve per forza andare su quella linea. Molte persone che si accaniscono contro l’Europa non si rendono conto che quei piccoli passettini di progresso civile che abbiamo compiuto negli ultimi anni ci sono stati imposti dall’Europa. Una legge arriverà.

Matrimonio egualitario o unioni alla tedesca?
A me va bene sia il matrimonio che l’unione alla tedesca. E stiamo comunque parlando di due cose che non farei personalmente. La Germania è un paese talmente gay, con una cultura omosessuale radicata, che se la legge sulle unioni civili va bene per i tedeschi, può andar bene anche per un popolo come il nostro che anche dal punto di vista sessuale è molto più pudico.

Che ne pensi della rappresentazione dei gay sui media? Non ti dà fastidio che vengano interpellati sempre gli stessi omosessuali “rassicuranti” e meno sovversivi rispetto al modello dominante?
Per anni sono stato considerato un pazzo che vaticinava il fenomeno dei gay di destra, che sono i miei nemici naturali. Adesso credo che finalmente il pubblico e i media abbiano separato politicamente i vari gay. Non sono tutti buttati nella stessa categoria. C’è differenza tra Signorini e Costantino della Gherardesca. È bene che la gente sappia che esistono i finocchi di destra e quelli di sinsitra.

Hai detto varie volte che il coming out è importante. Ma devi arrivare alla notorietà di un Tiziano Ferro per farlo oppure si può fare come hai fatto tu, fin dagli esordi?
La mia è stata una scelta civile, un imperativo morale. L’ho detto subito perché era la cosa giusta da fare, perché nascondersi è da codardi, da opportunisti. Secondo me nascondere la propria sessualità è una cosa da marchetta burina.

Cambiamo decisamente argomento. Non è mai uscito un gossip che ti riguarda. Come mai?
Io ho sempre giocato a carte scoperte sulla mia vita personale: omosessualità, droga, problemi psichiatrici. Ho sempre usato i mezzi di comunicazione come una seduta di terapia di gruppo. E mi è servito.

Sei fidanzato in questo periodo?
No, perché in questo momento ho dei problemi psichiatrici, attacchi di panico, ansia, depressione. Sai, noi abbiamo tre bisogni primari: mangiare, aiutare il prossimo e scopare. Quando stai male il primo che parte è la voglia di scopare.

Sei monogamo?
No. Mi sono innamorato ma non ho mai creduto nella monogamia. L’ho sempre vista come una cosa di matrice cristiana, una cosa innaturale. Credo sia una imposizione sociale.

Nell’ambiente dello spettacolo le tentazioni sono molte. Droga, sesso usa e getta. Subisci il fascino di queste tentazioni?
C’è stato un grosso cambiamento nella televisione, che coincide con il governo di Mario Monti. Adesso la droga nel mondo dello spettacolo è vista male. Il momento di svolta è stato il caso Ruby. E poi io non frequento la gente dell’ambiente.

Cosa vuoi fare adesso? Qual è il tuo sogno professionale?
Un programma di viaggi dove racconto la realtà dei paesi mediorientali e islamici. Per adesso non ho occasione per farlo.

Vuoi ancora fare soldi con la televisione?
Io a una certa età vorrei smettere. Non voglio restare attaccato allo showbusiness come Pippo Baudo. E per riuscirci devo fare cassa adesso, per poi magari aprire un negozio di antiquariato e musica folk.

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