Dopo l’attentato di Tunisi, in cui sono morti quattro connazionali, non è possibile escludere azioni emulative in Italia. I rischi sono evidenziati in una circolare inviata a tutti gli apparati di sicurezza dal capo della Polizia Alessandro Pansa, il giorno stesso degli attacchi in Tunisia. E il capo di Stato Maggiore della Marina, l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, aggiunge un ulteriore elemento di preoccupazione: non è possibile escludere “che si organizzi un finto naufragio, o un naufragio vero, dove a bordo del barcone ci sono degli esaltati con cinture esplosive”.

La circolare sottolinea che “l’irruzione di persone con armi da fuoco nel museo del Bardo, con vittime e feriti” fa sì che non si possano escludere “azioni improntate all’illegalità anche a carattere emulativo”. Per questi motivi, l’invito a chi opera sul territorio è di “sensibilizzare ulteriormente le misure di vigilanza e sicurezza a protezione di obiettivi diplomatico-consolari, con particolare riguardo a quelli tunisini” ma anche “sedi istituzionali e di ogni altro sito ritenuto esposto a rischio”. Significa innanzitutto il Vaticano e i siti ebraici, ma anche i porti, gli aeroporti e le stazioni, i terminal crocieristici, i luoghi di culto e di ritrovo, a partire dai grandi centri commerciali, i principali monumenti e musei delle città italiane. Decine e decine di luoghi dunque, frequentati da milioni di persone che non possono ovviamente essere militarizzati ma che devono necessariamente essere tenuti sotto controllo. Partendo dalla consapevolezza, diffusa tra tutti gli esperti, che il gesto isolato di un singolo è quasi impossibile da prevenire.

Proprio per migliorare l’attività di controllo del territorio e rendere più efficiente il contrasto alla minaccia jihadista, partiranno lunedì dei corsi anti-terrorismo. Tra le tecniche oggetto delle giornate di formazione si fa riferimento proprio a “servizi di vigilanza ad obiettivi sensibili, con particolare riguardo a quelli a rischio terrorismo”; “tecniche di avvicinamento in contesti operativi critici e misure di autoprotezione”; “tecniche di interdizione delle aree a protezione della collettività per la presenza di situazioni di pericolo”.

L’altro fronte su cui si lavora al Viminale è quello dell’ intelligence e della prevenzione. Antiterrorismo e 007 sono in costante contatto con i colleghi tunisini per ricostruire la dinamica – ancora poco chiara – dell’attentato al Bardo e, soprattutto, per verificare se qualcuno degli attentatori è passato dall’Italia: sono infatti diversi i tunisini espulsi dal Paese per ragioni di sicurezza nazionale. In particolare è stata monitorata la posizione di un tunisino che, pur non avendo fatto parte del commando, potrebbe aver avuto comunque un ruolo nell’ attacco. E’ considerato un elemento di rilievo ed è stato detenuto in Italia per terrorismo internazionale.

Intanto, alla Farnesina, i rappresentati di 26 Paesi e organizzazioni internazionali si sono riuniti per analizzare i flussi di finanziamento dello Stato islamico, condividere le fonti di intelligence e coordinare i loro sforzi per contrastare le attività finanziarie ed economiche dell’organizzazione terroristica. E’ stato quindi adottato un Piano d’azione con l’obiettivo di drenare le fonti di reddito, la capacità di trasferire fondi e, più in generale, la sostenibilità economica del gruppo terroristico.

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