Domani 18 marzo verrà presentato il Libro bianco di EcoFuturo, dalle 11 alle 13 presso la Sala Tatarella di Palazzo dei Gruppi, in via degli Uffici del Vicario 21 a Roma.

EcofuturoUno sguardo di insieme. Quando si parla di efficienza energetica ci si riferisce generalmente alla riduzione dello spreco. Ad esempio, mentre a Bolzano è vietato costruire case con consumi superiori a 80 kw/mq/anno nel resto del centro nord abbiamo abitazioni che superano abbondantemente i 140 kw/mq/anno con punte oltre i 200.

I professori Maurizio Fauri, Fernando Savorana e Antonio Savorana hanno realizzato uno studio (Esco, Energy Service Company Editore Flaccovio) che quantifica in 40 miliardi di euro all’anno il costo dello spreco energetico dello Stato. Ma questo dato riguarda il risparmio di energia che si potrebbe ottenere, ad esempio, con lampadine a led, riduttori del flusso dell’acqua, isolanti termici, termostati…

Ben più grande è il valore delle opportunità che l’Italia non utilizza. Quanto potremmo guadagnare con l’energia solare, eolica, idrica e geotermica? Quanto se si riciclassero i rifiuti urbani, gli oli vegetali esausti, gli scarti dell’agricoltura? E quali vantaggi potremmmo ottenere se si incentivassero le nuove tecnologie? E quanto risparmierebbe il sistema sanitario se grazie alle ecotecnologie diminuisse l’inquinamento? Il Premio Nobel Carlo Rubbia ha calcolato che il costo sanitario di ogni litro di combustibile bruciato in una grande città è maggiore del suo valore.

La potenzialità economica di un modello di sviluppo più razionale ed ecologico è colossale e lo dimostra il fatto che le Nazioni che hanno colto da tempo l’occasione della Rivoluzione Verde sono state ripagate da una vigorosa ripresa economica (vedi Germania e Usa). In Italia ci sono stati alcuni significativi progressi (incentivi sulle rinnovabili e sull’efficienza di auto, abitazioni ed elettrodomestici) ma stiamo procedendo con troppa lentezza. Scontiamo una sorta di sordità da parte delle istituzioni. Nel 2005 con il Professor Fauri siamo intervenuti a Padova con la sostituzione di illuminazione stradale e caldaie, abbiamo ottenuto un risparmio di un milione e mezzo di euro all’anno e questa realizzazione ha ottenuto 12 premi nazionali e internazionali ma nonostante questo risultato, dopo nove anni Padova resta l’unico grande comune italiano ad aver completato questa riorganizzazione.

La Kwant di Treviso è stata la prima azienda al mondo a produrre una caldaia domestica a cavitazione. Questa tecnologia, giudicata dal New York Times tra le più promettenti, permette di scaldare l’acqua fino a 70% con ultrasuoni che creano bolle di vuoto che implodono producendo calore. Ma in Italia non esiste un ente che vada a cercare le innovazioni e le sostenga e solo gli imprenditori che trovano abili commercialisti riescono a orientarsi nella giungla dei finanziamenti pubblici. La Kwant aveva una tecnologia rivoluzionaria ma non ha trovato sostegno e alla fine è scomparsa.

La Caldo Più produceva pannelli isolanti, dal costo di pochi euro, che inseriti tra i caloriferi e il muro evitando la dispersione del calore verso l’esterno delle abitazioni, permettevano un risparmio del 10% sul riscaldamento. Anche loro avevano un prodotto formidabile ma non hanno trovato il commercialista giusto. Così hanno chiuso e abbiamo perso la possibilità di ridurre del 10% l’inquinamento urbano dovuto al riscaldamento (che incide per il 50% sui consumi di combustibili). E non sono casi isolati… In altre situazione l’innovazione è addirittura vietata.

Le aziende italiane che producono cambi per auto che permettono di far lavorare il motore sempre alla stessa velocità, con il rapporto di coppia ideale (abbattendo i consumi specie in città) non possono installarli perché la legge non prevede la possibilità di modificare alcuni meccanismi dell’auto. Così i cittadini che vogliono adottare questa miglioria devono andare in Svizzera… (questa legge è stata attenuata consentendo la conversione in elettrico di auto a combustione). Discorso analogo quello sui biocarburanti, oggi stenta a decollare la raccolta degli oli vegetali da frittura perché è vietata la libera vendita del biodiesel. In Germania le massaie versano l’olio fritto in appositi contenitori che si trovano presso i distributori di carburante e ottengono dei buoni acquisto per i carburanti stessi.
La produzione di biogas dai liquami è una tecnologia ormai matura. In Germania esistono migliaia di impianti. Se si rendesse obbligatorio l’uso di biodigestori associati a impianti di fitodepurazione avremmo grandi quantità di energia, la produzione agricola diventerebbe più competitiva grazie a questa fonte parallela di ricavi, i nostri fiumi e mari sarebbero più puliti e risparmieremmo il costo enorme dei depuratori meccanici.

Un altro punto focale è l’impatto che le ecotecnologie potrebbero avere sulla ripresa produttiva e sull’occupazione. Nonostante tutti i problemi dell’Italia restiamo un grande popolo, con una notevole diffusione di cultura e fantasia che ci porta a eccellere in molti settori. È il caso della Bio-On che è stata la prima azienda al mondo a produrre diversi tipi di plastica da scarti agricoli. La plastica vegetale non è una novità ma Bio-On non la ottiene da sostanze commestibili. Che cosa succederebbe se questa tecnologia italiana venisse sostenuta con forza? Che impatto avrebbe sulla filiera alimentare?

Ma neppure le innovazioni proposte da grandi gruppi trovano il dovuto sostegno: grazie al genio italico abbiamo vinto la scommessa sullo sfruttamento energetico dei terreni desertificati. I francesi hanno fallito nel tentativo di rendere economico coltivare aree predesertiche del Sahara con jojoba da cui estrarre biodiesel. Invece in Sardegna c’è riuscita Matrica (Eni/Novamont) che ha recuperato 450 ettari di terreni inariditi con la coltivazione del cardo, grazie alla sinergia tra produzione di miele, di biomassa oleosa e di mangimi per ovini, ottenendo al contempo la possibilità di convertire ai biocarburanti l’impianto petrolchimico di Porto Torres. Eguale discorso si potrebbe fare sull’uso del gas liquido per la trazione, tecnologia anch’essa matura, che consente la riduzione dei consumi dei mezzi di trasporto pesanti.

Questo Libro Bianco vuole proporre una panoramica sulle nuove tecnologie oggi disponibili in Italia in molti settori, oltre a quelle qui rapidamente elencate. Non si tratta di un censimento globale ma di un primo passo per arrivarci.
In particolare ci siamo concentrati sulla descrizione di tecnologie innovative che offrono validazioni e sperimentazioni molto positive e che potrebbero prendere rapidamente quota se diventassero parte di un piano d’azione nazionale. Trent’anni fa sognavamo la Rivoluzione Verde ma mancavano gli strumenti per metterla in pratica. Oggi abbiamo tutto quel che ci serve, manca solo l’informazione e la determinazione politica.

Alla presentazione domani saranno presenti oltre a Jacopo Fo e Michele Dotti (promotori del festival EcoFuturo), Fabio Roggiolani (coordinamento FREE – Fonti Rinnovabili ed Efficenza Energetica), Marco Boschini (coordinatore Associazione Comuni Virtuosi), Claudia Bettiol (Energitismo), Daniel Tarozzi e Andrea Degli Innocenti (Italia che Cambia), Giuliano Gabbani (Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Firenze, membro del Comitato Scientifico di EcoFuturo).
Sono invitati esponenti di ogni forza politica in modo assolutamente trasversale.

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