Ieri anche io come tanti altri cittadini italiani ho appreso dell’arresto di imprenditori e superdirigenti all’interno del Ministero dei Lavori Pubblici. Anche io, come tanti altri cittadini italiani, non ho potuto fare a meno di scuotere la testa ma non per sdegno, quanto più per rassegnazione.

I giornali parlano di un copione che noi italiani conosciamo a memoria: si parla di corruzione nella gestione delle grandi opere, quelle che evidentemente sembrano finalizzate più a dare da lavorare agli amici che non a creare un reale valore per il paese e per il suo sistema infrastrutturale. Il tutto mentre gran parte del paese non ha le risorse per funzionare come dovrebbe ma che, nonostante tutto, si arrangiia e in qualche modo funziona.

E qui potrei citare il caso dei bambini che entrano a scuola con la carta igienica nello zainetto perché non ci sono soldi pubblici per comprarne o dei poliziotti che pagano di tasca propria la benzina da mettere nelle volanti, ma c’è un caso che, più di ogni altro, mi ha colpito in questi mesi come estremo esempio di abnegazione e di formidabile capacità nell’arte di arrangiarsi: quello del tunnel di Santa Bibiana a Roma.

Il tunnel di Santa Bibiana è un passaggio sotto la ferrovia che mette in comunicazione il quartiere di San Lorenzo con l’Esquilino e che, pertanto, è molto frequentato da chi si muove in bicicletta. I residenti della zona, dopo aver denunciato per anni la pericolosità del tratto di strada (pedalare in un tunnel non è mai piacevole), hanno deciso di rimboccarsi le maniche e lo scorso 30 novembre hanno dato vita a una corsia ciclabile abusiva, il tutto dopo aver realizzato uno studio preliminare e un progetto finanziato dal basso con il vecchio metodo della colletta. Il comune di Roma ha immediatamente stigmatizzato il gesto e ha provveduto nell’arco di 48 ore a cancellare la ciclabile clandestina realizzata.

La ciclabile clandestina di Santa BibianaSono bastate poche settimane e i cittadini, dopo un’altra colletta, hanno ricreato la ciclabile che serviva al quartiere. Il comune questa volta ha preferito non intervenire lasciando che la ciclabile clandestina tutelasse coloro che devono attraversare il tunnel.

La cosa che maggiormente stupisce di tutta questa operazione non è tanto la realizzazione della ciclabile (un atto illegale compiuto in nome del bene comune), quanto piuttosto il fatto che questa “piccola opera” sia stata decisa non a caso e in modo arbitrario, ma in modo collettivo sulla base di un modello di “città a grappolo” teorizzato da uno sconosciuto disegnatore meccanico di Roma, tale Marco Pierfranceschi, che ha avuto la brillante idea di partire dai “colli di bottiglia” per stabilire le priorità di intervento per la messa in sicurezza dei percorsi.

Non contento del risultato, il detto disegnatore meccanico ha pensato bene di confrontare la teoria con la pratica e, messa mano all’enorme mole di dati di traffico registrati dall’applicazione smartphone della European Cycling Challenge, ha scoperto che la propria teoria funziona. Ovviamente il Pierfranceschi non ha percepito un euro per le centinaia di ore di lavoro spese per questa attività e neppure per andare a spiegare con insistenza il proprio modello ai tecnici dell’amministrazione comunale che in tutta risposta e con aria di sufficienza gli ribadivano il solito mantra “non ci sono soldi”.

Ecco, credo che questa sia la migliore rappresentazione della nostra bella Italia: un paese in cui tanti grandi eroi della quotidianità compensano le malefatte di pochi squallidi individui senza morale e senza virtù. Un paese in cui, mentre lo Stato si dedica a grandi opere dalla dubbia utilità (se non per chi le realizza), ai cittadini non resta altro che occuparsi delle piccole opere che servono realmente al paese e che lo fanno funzionare realmente.

Ma forse è tutto solamente una questione di metodo: se le grandi opere si realizzano soltanto perché c’è chi unge nei punti giusti, allora quello che serve è ungere nei punti giusti per realizzare le migliaia di piccole opere che servono al paese (e che darebbero lavoro a chi ne ha le reali competenze).

E allora la prossima colletta potrebbe essere fatta, invece che per comprare i materiali per pitturare una ciclabile, per comprare un orologio Rolex al figlio del potentissimo di turno. Chissà che, almeno in questo modo, non si arrivi all’approvazione dei progetti che realmente servono e si arrivi addirittura a far funzionare la cosa pubblica come deve funzionare veramente.

Io ci metto un euro.

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