Il 13 marzo, sui siti internet e i social network che seguono il velista Matteo Miceli, impegnato da ottobre nel giro del mondo non-stop a bordo di Eco40, rimbalza la peggiore delle notizie: la barca ha fatto naufragio, Matteo a bordo dalla zattera di salvataggio ha attivato i soccorsi ed è stato recuperato da un cargo a 600 miglia al largo del Brasile. E’ la fine di un progetto iniziato anni fa e ‘decollato’ a ottobre 2014 da Roma: Roma Ocean World”, il giro del mondo passando per i tre Grandi Capi (Capo di Buona Speranza, Capo Lewuwen e Capo Horn), in solitario e senza assistenza, a bordo di una barca a vela di 12 metri completamente autosufficiente sotto l’aspetto alimentare e energetico.

A bordo con lui, infatti, Matteo aveva imbarcato due galline (la “Bionda” e la “Mora”), aveva costruito un orto a prua e navigava con il solo ausilio di energie pulite, raccogliendo dati come la temperatura e pressione dell’acqua o il movimento delle onde, per permettere alla comunità scientifica di approfondire l’impatto dei cambiamenti climatici. Il velista romano era in mare da 145 giorni, aveva attraversato i tre oceani, Atlantico, Indiano e Pacifico con i suoi mitici Capi, e in ancora un paio di settimane sarebbe arrivato a Roma, a casa, avendo coronato un’avventura di cui andava molto fiero e che vedeva come solo la prima di molte edizioni, una regata intorno al mondo per i Class 40. Durante tutti questi mesi, Matteo dava spesso aggiornamenti da bordo ai centinaia di appassionati che lo seguivano: parole entusiaste e informazioni tecniche, video, foto delle sue facce barbute sorridenti, dei lavori di bordo o dei pesci che pescava, albe e tramonti, che hanno consolidato intorno a lui un forte supporto di amicizia e ammirazione.

“Stamattina stavo regolando il pilota automatico, perché la barca andava troppo all’orza, ero già  di bolina – racconta Matteo una volta recuperato a bordo del cargo Aramon, battente bandiera delle Marshall Islands – penso proprio che mentre stavo lavorando al pilota ho perso la chiglia, perché quando l’ho resettato e mi sono rimesso in andatura la barca ha continuato a inclinarsi… ha scuffiato, e poi si è girata sottosopra”. Da quel momento, tutto è stato molto veloce: intrappolato nella barca capovolta, Matteo ha cercato di salvare la Mora (la Bionda riposava nell’oceano Indiano), ha aperto la zattera di salvataggio e ha imbarcato cibo, acqua, tutto il materiale possibile e il telefono satellitare. I soccorsi sono stati attivati presto e l’Aramon ha recuperato Matteo, che vede allontanarsi la sua Eco40: ” […] Non c’è stato verso di poter recuperare la barca. Dall’autogonfiabile sono salito a bordo, ho salvato solo due sacche della roba presa. Ma Eco40 ha in funzione un tracking che durerà almeno un mese, speriamo in qualche modo di recuperarla…”.

Dopo le prime lacrime di rabbia e frustrazione, ma anche sollievo per il recupero, Matteo ha presto riconquistato il buonumore e attraverso Facebook ha raccontato da bordo che l’equipaggio del cargo è molto gentile, che lui passa molto tempo nella palestra di bordo e che mangia tre pasti al giorno, scherzando sul fatto che sta facendo “risparmio energetico anche con il corpo” e che presto riprenderà i 30 kg che ha perso in questi mesi. Il cargo Aramon è previsto arrivare a Salvador de Bahia il 17 Marzo e in Italia i tantissimi amici di Matteo stanno preparando un’accoglienza calorosa per festeggiarne il rientro.

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