L’Italia perde colpi e gli immigrati tornano a casa. Secondo l’Istat, nel 2013 gli arrivi dei cittadini stranieri sono stati 307mila, cioè 47mila in meno (-12,3 per cento) rispetto all’anno precedente. I rumeni sono i primi nella lista di chi lascia il Belpaese: oltre 35mila rimpatri dal 2008 al 2012 (ultimo anno disponibile). Anche se la comunità rumena in Italia resta la più grande con 58mila nuove presenze, seguita da quella marocchina (20mila), cinese (17mila) e ucraina (13mila). L’ingresso della Romania nell’Unione europea nel 2007 di sicuro ha influito. Un altro incoraggiamento è dato dalla possibilità per i suoi cittadini di vivere e lavorare liberamente in tutti i paesi membri dal primo gennaio 2014. Per capire cosa li ha spinti a partire, abbiamo raccolto tre testimonianze.

Nuovo lavoro in Romania. Ma in un call center per clienti italiani – Iulian, 34 anni, fa le valigie otto anni fa. Si è stufato di avere gli occhi puntati addosso quando al cellulare lo sentono parlare in rumeno, ed è stanco di essere trattato da straniero. “Se sei onesto, chi ti insulta si pente e ti chiede scusa. In Italia dopo tanti sacrifici mi sono goduto la vita, non posso lamentarmi, mi sono preso il telefonino, l’auto, l’arredamento per la casa, ma non sono riuscito a mettere soldi da parte”. Il giorno in cui lui e la sua fidanzata, rumena anche lei, decidono di sposarsi, non ci pensano due volte e rientrano a Bacau, nel nord della Romania, città natale di entrambi.

“Mi sono accorto che forse era meglio rimanere in Italia, qui lo stipendio medio era di 120 euro al mese, io ero abituato a mille almeno”

L’impatto è duro: senza una casa, ospiti dai genitori di lei, che studia ancora, lui senza un lavoro. Iulian ci ripensa: “Mi sono accorto che forse era meglio rimanere in Italia, qui lo stipendio medio era di 120 euro al mese, io ero abituato a mille almeno – racconta -. Ho chiamato un amico italiano, proprietario di una concessionaria d’auto, che mi ha dato lavoro. Ho lavato macchine per due mesi ma il rapporto a distanza con mia moglie non funzionava, quindi sono tornato da lei”.

Gli cambia la vita un annuncio scritto in italiano su un giornale rumeno: un call center sta cercando operatori per la clientela italiana. Iulian fa domanda e viene assunto. “All’inizio prendevo 300/400 euro al mese in base ai premi. Dopo due anni ero diventato il più bravo e mi hanno promosso a team leader. Oggi dirigo 40 persone, tutti rumeni, la maggior parte scappati dall’Italia. Mi danno dai mille ai 1800 euro, dipende dai risultati che ottengo. Il mio collega italiano porta a casa sei volte tanto”. Nel frattempo fa un mutuo per comprare casa, la moglie diventa commercialista e hanno un figlio. “Lei guadagna circa 400 euro al mese, insieme viviamo bene”.

“Nel call center in Romania il mio collega italiano porta a casa sei volte tanto. A me danno dai mille ai 1800 euro, dipende dai risultati che ottengo”

“Mia sorella mi ha detto: ‘Ma sei scemo? Torna in Italia” – Iulian arriva in Italia nel 1999 per fare carriera nel calcio. Un sogno che si frantuma subito. Fa il clandestino per tre anni. Poi finalmente trova un datore di lavoro che lo mette in regola. “Giocavo per la squadra di Bacau, in serie B. Avevo un contratto, mi davano 150 euro al mese, una miseria, e ho mollato tutto, non avevo prospettive. Ma non sapevo neanche cosa avrei trovato in Italia”. La fuga è piena di peripezie. Con lui c’è un amico, attraversa i boschi fino a Bucarest, dove sale su un treno diretto a Bratislava, poi si dirige a piedi verso Vienna: dorme in stazione, lavora una settimana per uno sconosciuto che fa traslochi, quanto basta per acquistare abiti puliti e un biglietto per Venezia. Appena è qui scende a Roma.

“Alla stazione Termini c’erano tanti rumeni ma nessuno mi ha dato una mano, siamo diffidenti anche tra di noi, la Caritas non aveva più posti letto, ho dormito su una panchina, e il giorno dopo sono andato a Torino. I controllori mi hanno buttato giù dal treno quattro volte perché ero senza biglietto, non avevo un soldo”. Quando arriva chiede ospitalità al primo rumeno che incontra. Non gli va bene. Prova con il secondo e diventano amici. Inizia l’avventura. Per i primi due anni si barcamena tra un lavoretto e l’altro. Una ditta di traslochi, garzone nei capannoni, operaio in una fabbrica di macchinette per il caffè. “Sempre in nero. Non pensavo al futuro. Non potevo fare quello mi piaceva, sennò finivo su una strada, dovevo mantenermi”.

“I primi tempi ero sempre in nero. Non pensavo al futuro. Non potevo fare quello mi piaceva, sennò finivo su una strada, dovevo mantenermi”

Si ambienta, impara bene la lingua, trova un posto nella biglietteria di una discoteca di proprietà di un connazionale. Poi ne prende la gestione. Ma l’attività chiude nel 2003. Iulian si rimette sul mercato. Prima lavora per una concessionaria d’auto (la stessa a cui si rivolgerà più tardi), poi per l’ippodromo di Vinovo, un’impresa edile e un’azienda che fa il taglio lamiere. Si innamora di una ragazza rumena e vola in Romania. “Ma sei scemo, mi disse mia sorella. Lei continua a vivere a Torino con suo marito”.

“Tornerei volentieri a Roma. Come turista” – “Ho scelto l’Italia perché avevo l’appoggio di mia sorella, non perché era l’Italia. Avrei preferito la Spagna, almeno conoscevo già la lingua. Cercavo lavoro per pagarmi gli studi nel mio Paese. Oggi tornerei volentieri a Roma come turista”. Florida ha 28 anni e vive a Suceava, a 150 chilometri da Bacau. Nell’estate del 2005 finito il liceo raggiunge la sorella a Bellona, in provincia di Caserta. Non c’era la fila nelle fabbriche di tabacco. “Qui un posto lo trovavi sempre. Il ritmo era massacrante, dalle sei di mattina alle sei di sera per 40 euro al giorno, in nero. Il capo lo capivo a stento. Ho fatto solo una stagione, da luglio a settembre, poi sono tornata in Romania e mi sono iscritta all’università, facoltà di Economia e Finanza”.

“Nel bar in cui lavoravo mi davano 125 euro alla fine di ogni settimana. Quando ho detto che me ne sarei andata hanno smesso di pagarmi”

Segue i corsi, dà qualche esame e in primavera è di nuovo a Bellona. “Sempre per mettere via un po’ di soldi”. Il soggiorno è più lungo del previsto. Florida spera di sistemarsi, di trovare un impiego più serio. Anche se non ha intenzione di trasferirsi qui definitivamente. Si rimette a tagliare foglie di tabacco, poi fa la cameriera in un piccolo bar. “Non erano gentili con me. Mi davano 125 euro alla fine di ogni settimana. Ho resistito qualche mese, e quando ho detto che me ne sarei andata hanno smesso di pagarmi”. È dicembre. Una proposta la sciocca e l’allontana dal quella città per sempre.

“Il proprietario di un altro bar, che frequentavo con amici rumeni, si offrì per aiutarmi a cercare casa e lavoro in cambio di sesso. Rimasi schifata”. Allora le viene in mente che la madre di una sua compagna di scuola fa la badante a Roma. La contatta e le chiede se qualche famiglia ha bisogno di lei. “Mi hanno fatto il test dei braccialetti d’oro – il tono è ancora incredulo -: i figli dell’anziana che avrei dovuto assistere li hanno messi in evidenza sulle mensole per vedere se li rubavo. Pretendevano risultati senza spiegarmi quello che dovevo fare. Un giorno la signora ha tentato di picchiarmi. Ho chiamato in lacrime mia madre e le ho detto: ma io che ci faccio qui?”.

“Quando in tv davano la notizia di reati commessi da rumeni, avevamo paura di essere classificati come chi sbaglia, ma non siamo tutti uguali”

Il giorno dopo fa i bagagli e prende un pullman per Suceava. “I figli mi hanno dato 50 euro, me ne dovevano molti di più, ma per loro ho fatto solo una vacanza”. In Romania Florida si laurea. Poi migra in Germania da un amico perché vuole imparare il tedesco e occuparsi di marketing. Missione fallita: “Era difficile ottenere i documenti”. Non ha alternative. Nel 2011 viene presa anche lei in un call center italiano che ha delocalizzato in Romania. Ha un contratto part time e guadagna dai 120 ai 200 euro al mese.

“Coi soldi risparmiati in Italia ci siamo costruiti una casa in Romania” – Maria e il marito Petru, con i due figli, abitano a Piatra Neamt, chiamata anche “la perla della Moldavia”. L’addio all’Italia avviene nel 2008, dieci anni dopo l’arrivo. “Quando sono rimasta incinta ho dovuto mollare il lavoro e uno stipendio non bastava più”. A Piadena, nel cremonese, Maria fa l’operaia in una fabbrica di calze e Petru il muratore. “Ci siamo trasferiti lì perchè c’erano già dei nostri parenti e sarebbe stato più facile ambientarci. Siamo stati bene, abbiamo stretto amicizia con molti italiani, ma non eri mai sicuro di essere visto come una persona onesta”.

Maria vuole dare un futuro diverso ai suoi figli. “I pregiudizi fanno male. Quando in tv davano la notizia di reati commessi da rumeni, avevamo paura di essere classificati come chi sbaglia, ma non siamo tutti uguali”. Mentre è in Italia la coppia con i risparmi si costruisce una casa in Romania. “Oggi mio marito continua a fare il muratore, io invece la parrucchierA. All’inizio è stato difficile, ma almeno non dobbiamo pagare l’affitto”.

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