Il giorno dei sorteggi partirono le maledizioni per il derby italiano: dava la certezza di perdere una protagonista della manita. Dopo il primo giro degli ottavi, forse, è il caso di benedirlo. Perché garantisce all’Italia di avere una rappresentante nei quarti. Anche se il Napoli ha apparecchiato tutto per il bis grazie alla tripletta di Gonzalo Higuain. La squadra di Benitez ha l’avversario più debole non solo sulla carta, tuttavia un bel coccolone è venuto anche al San Paolo. Poi è salito in cattedra il re di coppe, mettendo in ordine il pasticcio iniziale. Il ritorno in Russia non sarà una passeggiata come i secondi novanta minuti contro il Trabzonspor ma il Napoli dovrebbe sfoderare una delle peggiori prestazioni stagionali per non entrare nel G8 dell’Europa League.

Ci vorrebbe un suicidio simile a quello dell’Inter che paradossalmente deve ringraziare De Bruyn, autore di una doppietta, per la grazia concessa in pieno recupero. Un quarto gol del Wolfsburg avrebbe reso impossibile anche solo sperare di ribaltare tutto a San Siro. Invece gli evidenti limiti difensivi dei tedeschi lasciano aperto un pertugio. Se non è nulla di più, Mancini deve ricercare le colpe tra i suoi, perché gli avversari non sono parsi irresistibili: l’Inter prima non li punisce a dovere sprecando un avvio tutto pepe, poi regala rientro e sorpasso con una sfilza di errori difensivi. Uscire dalla Volkswagen Arena con un comodo 1-1 non era impossibile. E con una ‘X’ piazzata fuori casa tutto si mette meglio.

Lo sa bene la Roma che a Firenze soffre a lungo, spreca un rigore, pareggia con Keita e poi chiude in crescendo. L’undicesimo pareggio nelle ultime 14 partite vale quasi come una vittoria. Garcia ringrazia Keita, perché in una squadra di talento ma senza giocatori con una bacheca ricca di trofei – forse il limite più grande dei giallorossi – non è un caso che nelle sfide più importanti (vedi lo scontro diretto con la Juventus) sia l’ex Barcellona a rammendare gli strappi. Sconfitto senz’appello dallo Zenit anche per l’espulsione di Benassi dopo mezz’ora, quello messo peggio è il Torino. Era il pensiero dominante anche dopo l’andata dei sedicesimi: non dire Toro se non ce l’hai al lazo.

Wolfsburg-Inter 3-1: 5’ Palacio, 28’ Naldo, 63’ e 75’ De Bruyne
In settimana Mancini aveva parlato di difesa naif. Era stato generoso. L’Inter confeziona un frittatone gigantesco e lo consegna nelle mani del Wolfsburg che ringrazia e mangia i nerazzurri. Juan Jesus rompe le uova dimenticando Naldo su un calcio d’angolo: il brasiliano stacca di testa e batte Carrizo regalando il pareggio ai tedeschi, schiacciati nei primi venti minuti dall’impatto interista e puniti da Palacio. Poi ci pensa il portiere ad aggiungere gli altri ingredienti e a cuocere l’impasto, dopo un cambio incomprensibile di Mancini che dopo l’intervallo inserisce Vidic per Hernanes perdendo un uomo a centrocampo. L’estremo difensore nerazzurro rinvia nel nulla al 60esimo e per De Bruyne è facile facile firmare il vantaggio. Neanche dieci minuti e battezza malissimo una punizione ancora del belga facendosi infilare da un tiro non irresistibile. L’Inter consuma così quanto di buono aveva costruito in partenza aggredendo i tedeschi, apparsi tutt’altro che irresistibili se presi in velocità. Nasce così il vantaggio immediato di Palacio, mandato in porta da un tocco furbo di Icardi dopo una palla recuperata da D’Ambrosio sulla trequarti offensiva. Dieci minuti dopo la punta argentina prende il tempo alla difesa e potrebbe andare dritto in porta, ma il guardialinee vede un fuorigioco che non c’è. Mentre è lo stesso Palacio nel secondo tempo a divorare il raddoppio dopo uno sfondamento di Santon. Si era ancora sull’1-1, poi l’Inter ha iniziato a ballare in difesa e il Wolfsburg ha preso il largo, divorandosi anche il quarto gol in pieno recupero. Troppo per giudicare positiva la prima parte del doppio confronto. Ma con un minimo di ordine in difesa, ribaltare i novanta minuti della Volkswagen Arena non è una missione impossibile.

Zenit San Pietroburgo-Torino 2-0: 38’ Witsel, 53’ Criscito
Nel gelo di San Pietroburgo il Torino alza bandiera bianca dopo aver visto sventolare un cartellino rosso. È un risultato duro quello che matura dopo l’espulsione di Benassi. I granata sono costretti ad affrontare lo Zenit in dieci per colpa del centrocampista, ingenuo nel beccare due gialli nella prima mezz’ora. Se fino a quel momento la squadra di Ventura aveva difeso senza concedere particolari occasioni ai russi, dopo la partita si è trasformata in pura sofferenza. Perché costringe a un cambio tattico (Vives per Martinez) e il Torino perde pericolosità offensiva: impossibile per Quagliarella spargere da solo il panico nella difesa russa. Calano le ripartenze e alla lunga lo Zenit diventa padrone del campo, trasformando il match in un monologo. Bastano dieci minuti in vantaggio numerico per bucare Padelli, bravo a respingere il tiro di Smolnikov ma impotente sul tocco seguente di Witsel. Il gol annullato a Rondon prima dell’intervallo viene rimpiazzato dal gol di Criscito, expat del nostro calcio bravo a ribattere in rete il tiro di Hulk stampatosi sul palo. Tutta in discesa da quel momento: Villas Boas chiede ai suoi di alzare il piede dall’acceleratore, il Torino è spuntato e non riesce ad offendere mai. Solo Farnerud ha una buona occasione, ma spreca. All’Olimpico, giovedì prossimo, serve un San Mames al quadrato.

Fiorentina-Roma 1-1: 17’ Ilicic, 77’ Keita
Pari giusto e ritorno che si preannuncia palpitante, come e più della gara del Franchi. Emozioni, errori e partita apertissima. La Fiorentina la imposta, girando attorno a Pizarro e Salah. Il q.i. dei due tritura mediana e difesa giallorossa. Anche un uomo esperto come De Rossi si lascia prendere dall’ansia di dover contenere l’egiziano e finisce per regalargli il pallone del vantaggio siglato poi da Ililic, ancora ‘punta’ visto il mancato rientro di Babacar. Il primo tempo è una recita a una porta con Joaquin che scherza Holebas e la Roma che perde pezzi: fuori proprio De Rossi e Manolas per problemi muscolari. Solo nel finale si vede Ljajic, ma il serbo sbaglia a porta vuota. È nulla rispetto al rigore che si fa parare da Neto nel secondo tempo: non il rigorista migliore avendo condiviso due anni a Firenze con il portiere viola. La partita diventa bella ed equilibrata. Nainggolan sale di tono, la Roma ringrazia. Keita ci mette il sigillo e, mentre la Fiorentina cala di giri, salgono in cattedra Iturbe (prestazione comunque, ancora, negativa) e proprio il centrocampista belga, che allo scadere sfiora il colpaccio indirizza-qualificazione. Resta invece tutto incerto. Ed è giusto così.

Napoli-Dinamo Mosca 3-1: 2’ Kuranyi; 25’, 31’ e 55’ Higuain
Se il buongiorno si vedesse sempre dal mattino, il Napoli avrebbe dovuto abbandonare il campo dopo otto-minuti-otto. Riassunto: parata di Andujar dopo sessanta secondi, corner con stacco vincente di Kuranyi, infortunio di Koulibaly che segue la defezione mattutina di Gabbiadini. La Dinamo è invece stata ridotta in macerie da Gonzalo Higuain, una che sente l’odore dell’Europa e si esalta. Incassato il primo gol dopo cinque partite con gli avversari lasciati a secco, l’argentino si scatena. Cross di Ghoulam e pareggio, rigore per il sorpasso e qualificazione ai quarti – sarebbe la prima volta dell’era De Laurentiis – messa in frigorifero grazie a un gol pure troppo facile su cross di Mertens. Con i russi ridotti in dieci è quasi un peccato non aver infilato il quarto, garanzia di accesso al tavolo che conta, anche se le consuete amnesie difensive hanno rischiato di mescolare tutto in almeno due circostanze. Moscoviti spreconi e quasi condannati. Re Pipita non perdona. 

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