Musica

Blurred Lines, Pharrell e Thicke plagiano Gaye. Ma ricorrere agli ‘standard’ è pratica diffusa

Confrontando i due brani le similitudini appaiono evidenti, ma a onor del vero, come in altri casi celebri del passato, su tutto la querelle tra Ivan Graziani e Phil Collins, si tratta di 'standard melodici' talmente abusati da chiedersi chi sia stato il primo vero autore che ha ispirato tutta la catena

di Michele Monina

Ahi ahi ahi, hanno beccato Pharrell con le mani dentro il barattolo della marmellata. Oggi non è felice.
Stop.
Riavvolgiamo il nastro.

Il refrain “la musica si basa su sette note, impossibile scrivere qualcosa di totalmente nuovo” l’avete sentita tutti almeno una volta nella vita. A parte il clamoroso errore riguardo al numero delle note, sentendo quel che che passa di questi tempi nei canali video o in quelli di streaming verrebbe da dar credito alla voce del popolo. Però, grazie all’opera del nostro Ricordi, esiste il diritto d’autore legato alla musica, quindi se una canzone risulta troppo simile a un’altra, già edita, scatta ancora oggi l’accusa di plagio, il conseguente processo e in caso, se la giuria decide che di plagio si tratta, la multa e l’obbligo di riconoscere ai reali autori quanto gli spetta. Il famoso caso Al Bano vs Michael Jackson è lì, a futura memoria.

Oggi però la cronaca parla di un altro caso clamoroso, una causa per plagio che ha visto protagonisti il già citato Pharrell Williams, probabilmente il produttore più importante al mondo in ambito pop, e il cantante Robin Thicke, rei di aver pubblicato la mega hit Blurred lines pur non essendo esattamente il brano farina del loro sacco. Contrapposti a Williams e Thicke gli eredi del Dio della Motown Marvin Gaye, autore di Got to Give it up, indicata come matrice da cui il gatto e la volpe, chiamiamoli giocosamente così, si sarebbero ispirati. Una giuria di Los Angeles ha preso questa decisione dopo aver ascoltato il brano per una settimana di fila, riscontrando similitudini troppo evidenti con il brano del 1977 e costringendo i due artisti a versare agli eredi di Gaye qualcosa come sette milioni e ottocentomila dollari. Una bella botta per Thicke e soprattutto Pharrell, che dopo Blurred lines con la sua Happy ha sfornato un’altra hit epocale.

Non tanto e non solo una bella botta economica, quanto un colpo per l’immagine di chi nel corso dell’ultimo decennio ha seduto dietro il banco dei principali tormentoni al mondo. Chiaro, confrontando i due brani, anche per qualcosa meno di una settimana, le similitudini appaiono evidenti, ma a onor del vero, come in altri casi celebri del passato, su tutto la querelle tra Ivan Graziani e Phil Collins, si tratta di standard melodici talmente abusati da chiedersi chi sia stato il primo vero autore che ha ispirato tutta la catena. Perché, specie nella musica di matrice black, il ricorrere agli standard è pratica non solo consentita ma addirittura necessaria, da ben prima che entrasse in vigore il diritto d’autore.

Tutto questo, al momento, anima gli ambienti musicali, gossip del giorno, e forse finirà per diventare una medaglia sulla giacca (da indossare categoricamente su calzoni corti) di Pharrell, perché come è noto purché se ne parli tutto va bene.Del resto, già Blurred lines aveva avuto modo di farsi notare, perché nel testo Thicke trattava le donne come oggetti sessuali, messaggio ben veicolato dal video, che ci mostrava ragazze praticamente nude, su tutte la modella Emily Ratajkowski. Non bastasse, durante la serata degli MTV VMA’s del 2013, Thicke aveva ospitato Miley Cyrus, che proprio in quella occasione aveva deciso di uccidere Hannah Montana e di diventare la bomba sexy che oggi tutti conosciamo, dando vita al twerking, quel modo di ballare che simula un rapporto anale. Ci piace pensare che Blurred lines torni a essere, ora, quel che è, una semplice canzone pop. Niente scandali, polemiche e denunce. Conoscendo Pharrell, però, non ci metteremmo le mani sul fuoco.

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