“I miglioramenti che si aspettano in Italia da anni dai governi non accadono”. Questo Pangea, la Piattaforma per i diritti delle donne, ha denunciato a New York per la cinquantanovesima sessione della Commissione sulla condizione femminile nel mondo dell’Onu. Al centro del dossier presentato dall’Italia, proprio gli scarsi risultati degli ultimi anni. Dal governo di Mario Monti fino a quello di Matteo Renzi, passando per Enrico Letta, per adeguarsi ai tempi e dare una rinnovata immagine del Paese, hanno cercato di includere più donne nelle istituzioni, con buoni risultati in termini percentuali, non accompagnati però dall’attuazione di reali politiche a favore delle donne.

“Le donne, quelle che non stanno ai vertici – spiega a ilfattoquotidiano.it Simona Lanzoni, vicepresidente di Fondazione Pangea Onlus – invece che sfiorare il tetto di cristallo, stanno sprofondando oltre il pavimento di maioliche, in cantina. Le cose che da anni in Italia si aspettano dai governi non accadono. Una per tutte, affrontare la spinosa questione delle dimissioni in bianco. Dicono che dobbiamo fare più figli e poi non tutelano la maternità e il lavoro per chi deve firmare i contratti. Maternità spesso vuol dire fine del lavoro o lavoro nero. A che serve nominare una donna ministro della Difesa se poi tutte le altre restano indifese?”.

Di questo e molto altro Lanzoni ha parlato a New York in occasione della cinquantanovesima sessione della Commissione sulla condizione femminile nel mondo, presentando il “Rapporto sull’attuazione della Piattaforma d’Azione di Pechino. Rilevazione quinquennale: 2009-2014. Cosa veramente è stato fatto in Italia”, redatto da Pangea e da altre organizzazioni e singole esperte proprio sulla situazione della donna in Italia. A giugno 2014 il Governo italiano ha inviato il rapporto istituzionale 2009-2014 all’Onu. Il quadro che ne emerge rappresenta solo parzialmente, secondo Pangea, la realtà che vivono ogni giorno le donne in Italia. Secondo i dati dell’ultimo Rapporto Istat sul Benessere Economico in Italia le disuguaglianze nell’accesso al lavoro tra donne e uomini si sono accentuate e il divario di genere resta molto elevato. A febbraio 2014 risultava occupato soltanto il 46,6% delle donne, contro il 64% degli uomini.

L’impegno e il coordinamento tra i Ministeri competenti per la prevenzione e il contrasto alla violenza sulla donne resta solo formale e non esiste a oggi, dopo 20 anni, un referente politico istituzionale ad hoc che si occupi delle politiche e delle questioni di genere. “Manca ancora – spiega Lanzoni – un Piano di Azione Nazionale contro la violenza dopo oltre uno anno dalla sua scadenza. Lo stato Italiano, per diligenza dovuta, deve garantire servizi territoriali adeguati, lo richiede la Convenzione di Istanbul ratificata da poco, ma mancano leggi per sostanziarla nel nostro ordinamento. Da Pangea arrivano tante donne che chiedono aiuto per non essere maltrattate. Per questo abbiamo deciso di lanciare una campagna contro la violenza domestica, #maipiuinvisibili, per raccogliere fondi da donare a 5 centri antiviolenza del sud Italia”.

E’ necessario ricominciare a fare rete sulle politiche di genere in tutti i ministeri: il dipartimento pari opportunità venti anni fa era nato, del resto, con questa prerogativa. In generale, come segnalato nel rapporto, l’Italia dovrebbe solo rispettare gli obblighi internazionali, dimostrare un radicale cambiamento di tendenza rispetto alla responsabilità che lo Stato ha nei confronti di tutte le donne che vivono nel Paese e promuovere la parità di genere. “Stereotipata, precaria, territorialmente diseguale: al momento la donna italiana possiamo definirla così. Confidiamo in un futuro migliore”, conclude Lanzoni.

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