Come aveva già preannunciato all’indomani del suo arresto, stamattina l’associazione “Dalla parte dei minori”, nel nome del suo presidente, Daniele Stumpo ha chiesto ed ottenuto di costituirsi “parte civile” nel processo contro l’ex parroco di Casal Borsetti, don Giovanni Desio, accusato di violenze sessuali su minori e svariati altri reati “minori”.

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Un risultato non scontato, alla vigilia, nonostante l’ottimo lavoro e l’ottimismo dell’avvocata Manuela Liverani e delle colleghe che l’affiancano in questa impresa, in quanto – come da ordinamento – l’ultima parola sull’ammissione dell’Associazione spettava alla Giudice dell’Udienza Preliminare, la dottora Antonella Guidomei del Tribunale di Ravenna, la quale doveva stabilire: se e quanto fosse stato “grave” il nocumento che, con il suo comportamento, “l’imputato” ha procurato al lavoro e all’impegno dell’associazione stessa nella sua attività di contrasto all’abuso e al maltrattamento dei minori in città.

Indescrivibile, quindi, la soddisfazione per il risultato raggiunto soprattutto perché, nelle sue motivazioni, la Gup ha riconosciuto, non solo la fondatezza della richiesta e la validità delle argomentazioni addotte ma, ancor di più, in quanto ha riconosciuto il valore delle iniziative messe in atto dall’Associazione proprio nel territorio della provincia ravennate a difesa degli interessi dei minori e per il contrasto dell’abuso e maltrattamento.

Alla luce di quanto avvenuto in questa prima udienza, però, in cui – come era ampiamente previsto – pur di ottenere uno “sconto” sulla pena l’avvocato della difesa ha richiesto (vedendosi approvare l’istanza) il “rito abbreviato”, non sono mancate le sorprese.

La prima, gradita, auspicata ma non scontata, è stata quella di vedere in aula la Diocesi di Ravenna che ha chiesto, pur se con il disappunto dei legali delle parti lese, di essere ammessa tra le parti civili in quanto, come noi, ha ritenuto essere stata offesa dal comportamento del reo confesso ex parroco della chiesa di San Lorenzo a Casal Borsetti.

Un fatto che mi conforta, prima di tutto come credente, perché mette la Diocesi: il vescovo, tutti i religiosi e tutti i fedeli della comunità di Ravenna a fianco delle “persone offese”, delle vittime minorenni del cattivo prete.

Concordiamo, dunque, con la scelta di S.E. Lorenzo Ghizzoni, arcivescovo di Ravenna-Cervia, perché ha voluto scegliere un modo “solenne”, come si conviene ad un’istituzione che nel “rito” trova la sua legittimazione e che dal “rito” trae la sua forza, in primo luogo per “prendere le parti” delle vittime, schierandosi al loro fianco, appunto e, soprattutto, schierando al loro fianco le centinaia di buoni sacerdoti che vivono e lavorano nella diocesi.

La richiesta di partecipare al processo come “parte civile”, poi, al di là delle “nuove” procedure diocesane individuate per la confessione dei minorenni (pure utili e opportune) e della “sacrosanta” richiesta di sospensione a divinis del cattivo prete, rappresenta un modo “concreto” per ribadire – anche con un atto formale – che la stragrande maggioranza dei preti ravennati sono persone per bene che si sentono offesi dal comportamento del loro ex confratello e che da lui vogliono, affidandolo alla “giustizia” degli uomini, prendere le doverose distanze.

Ma, soprattutto, infine, con il suo gesto la Curia ha voluto visualizzare plasticamente – anche attraverso la formalizzazione di una richiesta di risarcimento – il danno che tutta la Comunità ha patito dal comportamento del “cattivo maestro”. Non solo il danno d’immagine, già richiamato, all’operato dei sacerdoti e dei religiosi diocesani tutti ma, ancor di più, per il danno alla morale collettiva dell’intera comunità diocesana che, ancor più della cattiva “pubblicità”, crediamo stia a cuore a Sua Eccellenza Ghizzoni e che, appunto, con la sua denuncia intende rappresentare la censura pubblica dello “scandalo” dato dall’ex confratello alle coscienze di tutti i fedeli della diocesi.

Certo, anche noi, siamo convinti che il comportamento della Curia, successivo all’arresto del prete di Casal Borsetti, non la giustifichi per il prima né, tantomeno, la metta al riparo dalle critiche circa la mancata vigilanza. Crediamo, però, che sia un buon primo passo soprattutto perché siamo convinti che, come intende fare l’Associazione “dalla parte dei minori”, tutte le somme assegnate dal Tribunale come “risarcimento del danno”, saranno devolute alle vittime, alla ora cura e alle attività di contrasto dell’abuso e del maltrattamento.

La seconda “sorpresa”, anch’essa prevedibile e prevista, è stata amara ed è stata rappresentata dall’assenza del sindaco di Ravenna, Fabrizio Matteucci e di qualsiasi altra autorità civile. La sua presenza a fianco delle “vittime”, se il sindaco o chi per lui ne avesse compreso l’importanza,  avrebbe potuto rappresentare  in modo inconfutabile, la volontà di tutta la città di stringersi a difesa di chi ha subito violenza. Con la sua presenza e con la “eventuale” richiesta di costituzione in giudizio come “parte civile” del Comune, il primo cittadino avrebbe potuto dimostrare con i fatti, al di la delle chiacchiere,  che la Comunità da lui amministrata è viva e vuole fare di tutto perché ogni suo componente si senta difeso e custodito.

Il primo cittadino di Ravenna, insomma, ha perso l’ennesima occasione per smentire le voci “maligne” che lo descrivono come “lo sceriffo d’Italia”, nemico dei giovani frequentatori delle discoteche marine e dei suonatori di strada assumendo, per accreditarsi – invece – come custode del benessere collettivo e della sicurezza dei cittadini affidati alle sue cure .

Con la sua “mancata” richiesta di “costituzione” contro il prete infedele, il sindaco Matteucci ha perso anche l’occasione di chiedere all’imputato il risarcimento, non solo per i danni d’immagine arrecati alla città ma, anche, per quelli arrecati – grazie ai finanziamenti comunali – al lavoro realizzato dalle istituzioni cittadine, le associazioni, le strutture assistenziali e socio sanitarie del Comune nelle attività di sensibilizzazione e contrasto alla violenza contro le donne e contro l’abuso e il maltrattamento dei minorenni.

Purtroppo, abituati come siamo a vivere in questo “Paese delle mezze verità”, siamo coscienti che non possa avere tutto e subito e siamo comunque contenti che, oggi, “Dalla parte dei minori” non fosse l’unica realtà cittadina ad essere indignata e a chiedere giustizia ma che, al contrario, quell’aula del Tribunale di Ravenna – nonostante l’assenza del primo cittadino e dell’amministrazione comunale – è risultata davvero troppo piccola per contenere, insieme all’indignazione di un’intera comunità, anche il numero di avvocati e di persone erte a difesa delle 4 (accertate) giovani vittime della violenza del falso e cattivo maestro.

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