Nella stessa giornata del 5 marzo in cui Matteo Renzi ha incontrato Vladimir Putin al Cremlino, la compagnia ucraina del gas, Naftogaz, riceveva da Gazprom un’insolita richiesta. Il 6 marzo il colosso russo chiedeva alla contraparte ucraina di aumentare il volume del metano destinato all’Ue del 58%. circa. Balzo che segue un calo di quasi il 10% nel 2014 del transito di gas russo verso l’Europa attraverso il territorio ucraino e appare pertanto singolare. Per il quotidiano economico russo Vedomosti può essere legato all’incontro del premier italiano col presidente russo.

Durante il vertice si è parlato della partecipazione dell’Italia al progetto del gasdotto Turkish Stream, ha detto il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, al quotidiano. Poteva essere questa la moneta di scambio per riempire di metano russo i serbatoi europei, svuotati come mai prima d’ora? Mikhail Korchemkin, il fondatore dell’East European Gas Analysis, a Malvern, Pennsylvania, in un commento a ilfattoquotidiano.it non esclude che ci possano essere dei negoziati in corso tra Gazprom e la controllata di Eni, Saipem, per la costruzione del nuovo gasdotto.

Il Turkish stream è nato dalle ceneri del progetto di un altro gasdotto che doveva portare il gas russo in Europa bypassando l’Ucraina, vale a dire il South Stream. La condotta che doveva passare sotto il Mar Nero, unendo la costa russa e il porto bulgaro di Varna, per poi attraversare una serie di Paesi europei approdando in Italia, non sarà mai costruita per “gli ostacoli” creati dall’Ue, aveva annunciato Putin il primo dicembre, durante la visita ufficiale ad Ankara. A meno di un mese da quella data, il 29 dicembre, Gazprom ha comprato il 50% di South Stream Transport B.V., la joint venture olandese costituita per la costruzione della tratta sottomarina del gasdotto il cui costo complessivo veniva stimato in 45 miliardi di dollari. Il 20% della società era prima in mano ad Eni, mentre altre due quote dal 15% erano detenute dalla tedesca Wintershall e dalla francese Edf.

La scelta della Turchia come location per l’annuncio dello stop al gasdotto non era casuale. Lo stesso giorno Gazprom e la compagnia turca Botas hanno firmato un memorandum d’intesa per la realizzazione di un gasdotto che partendo dalla Russia e passando sempre sotto il Mar Nero dovrebbe arrivare in Turchia (nella sua parte europea) e non più nell’Ue. È previsto che la prima linea del Turkish Stream sarà operativa dal dicembre del 2016. Come ha spiegato più tardi il numero uno di Gazprom Alexei Miller, sarà compito dei Paesi europei attrezzarsi per venire a prendere il gas russo dall’hub sulla frontiera turca con la Grecia. E in fretta, visto che dal 2019 sarà questa l’unica via per avere il metano, perché il contratto per il transito con l’Ucraina non verrà prolungato.

Il nuovo gasdotto avrà quattro linee come il vecchio e la stessa capacità, ossia 63 miliardi di metri cubi di metano all’anno. Anche il corridoio nel quale verrà costruita la parte sottomarina ricalcherà per 660 chilometri l’itinerario del South Stream, solo 250 chilometri della condotta verrano posati nel nuovo corridoio diretto verso la Turchia. Ora la domanda è se la costruzione della prima linea del nuovo gasdotto verrà affidata alla stessa azienda che doveva costruire la vecchia condotta. Per il South Stream infatti era stata Saipem ad aggiudicarsi l’appalto, con un contratto di 2 miliardi di euro firmato nel marzo dell’anno scorso con South Stream Transport B.V. Mentre in tutto la controllata di Eni avrebbe dovuto incassare da Gazprom 2,4 miliardi di euro, visto che un altro contratto prevedeva anche la sua assistenza alla costruzione della seconda linea, affidata invece alla svizzera Allseas Group.

Poi il South Stream è saltato. L’annuncio di Putin era arrivato il 1 dicembre, mentre qualche settimana prima, a metà novembre, i lavori per la costruzione della prima linea stavano per iniziare, come si legge in un comunicato di Gazprom. Nel porto bulgaro di Burgas si stavano già saldando i tubi della condotta, ne erano già stati recapitati 300mila tonellate. Nello stesso porto pare che siano ancorati a tutt’oggi due navi posatubi di Saipem, Castoro Sei e Saipem 7000, la stessa che nei primi 2000 ha costruito la tratta offshore dell’altra condotta che porta il gas russo in Turchia, il Blue Stream. Due fonti vicine al dossier hanno confermato all’agenzia Bloomberg il 6 marzo che Gazprom continua a pagare a vuoto Saipem per le navi. Secondo l’agenzia russa Interfax, che cita una fonte non precisata, si tratta di centinaia di migliaia di euro al giorno. Il colosso russo sarebbe in attesa di iniziare la costruzione del Turkish Stream.

A questo punto la domanda sorge spontanea: la commessa per il nuovo gasdotto verrà assegnata a Saipem? Per ora non si sa nulla di preciso. L’azienda italiana ha confermato a Bloomberg quello che l’amministratore delegato Umberto Vergine aveva già detto nel corso di una conference call a febbraio: il contratto con Gazprom è sospeso, in attesa di una decisione del cliente. Intanto dalla parte russa continuano ad arrivare dei segnali che sembrano confermare che la Russia punta sulla partecipazione della controllata di Eni al nuovo progetto. Il 18 febbraio due fonti vicine a Gazprom hanno confesstao al Vedomosti che la realizzazione della prima linea del Turkish Stream può essere affidata a Saipem. Mentre qualche giorno fa, il 3 marzo, il ministro per lo Sviluppo economico russo, Alexei Ulyukaev, in un’intervista all’agenzia Askanews, ha invitato gli imprenditori italiani a partecipare ai progetti infrastrutturali russi, compreso il Turkish Stream.

L’interesse da parte di Gazprom nel preservare il contatto di South Stream Transport B.V. con Saipem potrebbe avere diverse ragioni. Prima, come spiega una fonte anonima all’Interfax, la compagnia russa ha bisogno dell’azienda italiana che ha già ottenuto il permesso dell’Italia per la costruzione della condotta nel Mar Nero in un momento così delicato come questo, quando le sanzioni internazionali hanno già bloccato l’esportazione in Russia delle tecnologie in ambito petrolifero. C’è di mezzo poi anche la questione economica. Saipem ha diritto a delle penali, nel caso in cui il contratto con la Gazprom fosse sciolto definitivamente, aveva detto Vergine. Se invece alla controllata di Eni venisse appaltata la posa della tratta sottomarina del Turkish Stream, può darsi che la penale sia azzerrata. Sarà questo il compromesso tra Eni e Gazprom che ipotizzano gli esperti russi citati dal Vedomosti?

Comunque sia, la tanto ventilata decisione sul coinvolgimento di Saipem nel Turkish Stream tarda ad arrivare. Forse manca la convinzione da parte italiana? Qualche motivo per avere dei dubbi sul futuro del progetto c’è. In primis, per quanto riguarda la sua sostenibilità economica. Il 27 gennaio scorso Gazprom ha annunciato che costruirà da sola la parte offshore del gasdotto verso la Turchia, di cui non si sanno i costi preventivati. Per la tratta sottomarina del defunto South Stream si trattava di 14 miliardi di euro. Diversi analisti del settore hanno parlato a Bloomberg di alti rischi finanziari legati al progetto, visto che la Russia ha deciso di procedere senza partner.

Invece, secondo Mikjail Korchemkin dell’East European Gas Analysis, esiste anche un altro motivo di preoccupazione. L’esperto ha scritto a ilfattoquotidiano.it: “Ritengo che ci sia un alto rischio che vengano introdotte delle sanzioni per vietare la vendita a Gazprom dei servizi per la posa delle condotte in acque ultra profonde”. Se accadesse, la ventilata commessa per Saipem andrebbe in fumo.

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