Perché la tv, portento tecnologico, è invasa da gente che cucina. Abbiamo ritrovato nel fantaHitler del best seller di Timus Vernes, rimaterializzato e alle prese coi giorni nostri, una riflessione cui spesso ci siamo abbandonati: uno inventa la tv per ritrovarsi ad affettare le carote? E infatti, fino a ieri sera, non ci eravamo mai soffermati su un programma di cucina più a lungo dell’attimo necessario a cambiare canale. Però, col passare degli anni e dei palinsesti, sempre più spesso, hai voglia a zappare, ricadevamo in altri cuochi e altre cucine. E non basta: più noi scappavamo più il pubblico invece si affollava, parola di auditel!

E allora, siccome le scelte degli spettatori hanno sempre il loro perché, abbiamo affrontato la domanda principale: cosa ci azzecca la tv, che è fatta per l’orecchio e l’occhio, con la cucina che si basa sul naso e il palato? Che senso ha star lì a vedere uno che assaggia? (che è come seguire una scena erotica di là da un muro insonorizzato). La risposta non poteva essere che una: gli odori e i sapori, che la tv non trasmette, è lo spettatore stesso che li estrae dalla propria esperienza e li associa alle immagini del video. E quindi, se non riuscivamo a interessarci dei programmi di cucina era per un limite tutto nostro e cioè che in quanto mangiatori automatici, eravamo (e siamo) degli autentici analfabeti alimentari.

Una illuminazione, che è stata tutt’uno col capire che invece chi analfabeta (alimentare) non è, e sa  dunque estrarre esperienza dai pentoloni della tv, vuole in effetti aumentare il suo potere. Quale potere? Quello di generare sensazioni nel corpo altrui e proprio. Come la mamma della pubblicità che la sa lunga e incatena a sé marito e figli mediante la regolare somministrazione mattutina dei frollini (o forse era tonno?).

Gira che ti rigira, ecco che viene fuori il buon vecchio spirito di potenza, il mito del filtro magico, il piacere di dominare noi stessi e gli altri attraverso il governo dei sensi nostri e loro. Altro che dibattiti sul giusto e l’ingiusto, sul bene e sul male, sul mio dio e il tuo dio. La cucina è il Trono di Spade dei sensi, l’House of Cards della lingua e del naso, la machiavellica Summa del potere dell’uomo  sull’uomo, dove il fine giustifica l’ingrediente senza imbarazzi di ordine politico o morale. E nel gioco del potere/piacere la cucina, ora che l’abbiamo capito, è piazzata meglio della camera da letto, essendo da tempo noto che le performances della prima diradano quelle nella seconda, ma non viceversa.

L’abbiamo capito tardi, ma l’abbiamo capito, e l’illuminazione è avvenuta proprio –sarà un segno- nella sera in cui Stefano, come slealmente preannunciato da Striscia, trionfava a Master Chef e il mondo trovava un nuovo padrone. Dopodiché abbiamo zappato incappando in “Tortino di riso”. E ci siamo addormentati sognando Stefano inseguito dalla muta dei rivali.

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