Dopo lo spostamento da venerdì scorso ad oggi del Consiglio dei ministri che avrebbe dovuto varare il decreto legge e il ddl per riformare la scuola italiana, sulla scia delle indicazioni del documento “La Buona Scuola”, ecco un altro clamoroso cambiamento di rotta: non ci sarà un decreto legge, ma solo un disegno di legge, per il quale – però – il governo chiede tempi certi di approvazione. Il premier avrebbe spiegato che l’Esecutivo vuole dare un messaggio al Parlamento e coinvolgere le opposizioni nello spirito delle dichiarazioni del presidente della Repubblica.

Ma è una spiegazione che non convince, considerato anche il modo di procedere per il Jobs Act e altri esempi della “velocità” (autoritaria) del governo; l’aria è cambiata da quando il presidente Boldrini ha puntato i piedi rispetto ad un possibile decreto sulla Rai (richiamando l’assenza dei requisiti di necessità ed urgenza) e – soprattutto – dall’elezione del Presidente Mattarella. Al quale, peraltro, il Comitato a sostegno della Legge di iniziativa popolare Per la Buona scuola per la Repubblica aveva 3 settimane fa inviato un appello relativo ai rischi e agli abusi di una eventuale decretazione di urgenza in materia scolastica.

Che la confusione ed il disorientamento regnassero sovrani si era compreso: le dichiarazioni della Quadruplice (Renzi-Giannini-Faraone-Puglisi) dopo la kermesse di domenica scorsa, negli ultimi giorni sono state tutte rigorosamente contrastanti le une con le altre. Basti pensare che solo una settimana fa la senatrice Puglisi, in un’assemblea al Sabin di Bologna, aveva affermato con passione e assenza di buon gusto la decretazione d’urgenza su “assunzioni, organico aggiuntivo di 2-5 insegnanti in più per scuola, trasformazione di parte degli scatti di anzianità in merito (tramite crediti formativi) per tutti i docenti, valutazione del personale e delle scuole, educazione degli adulti, alternanza scuola lavoro, curriculum personalizzato”. Tutti temi evidentemente – tranne il primo – privi dei requisiti di necessità e urgenza. E che dichiarazioni di un immediato decreto (dai contorni più fluttuanti) erano state fatte da Giannini a “Radio Anch’’io” giovedì mattina. E che nella giornata di domenica si è parlato insistentemente di un decreto legge contenente stabilizzazione dei precari e merito/carriera degli insegnanti.

Invece il decreto non sarebbe previsto nemmeno sull’unico tema evidentemente di necessità ed urgenza, quale l’incauta promessa di massiccia assunzione del precariato, ora in serio rischio, che invece auspichiamo possa essere emanato immediatamente per garantire finalmente l’attuazione della Finanziaria del 2007, che aveva già previsto l’immissione dei precari e l’esaurimento delle graduatorie e – contemporaneamente -, l’adempimento anche della sentenza della Corte di Giustizia europea sul precariato. Non ci sarebbe da stupirsi se Renzi tentasse di utilizzare l’assunzione dei precari come strumento di ricatto per ottenere una rapida approvazione dell’aziendalizzazione della scuola prevista nel suo progetto. Quel che accadrà da qui alle 18.30 (orario di convocazione del Consiglio dei ministri) non è possibile prevedere e ancora tutto può accadere. Mentre scrivo leggo un’Ansa relativa alla conclusione di un colloquio di un’ora e mezza tra Renzi e Giannini…

È certo però che, se Renzi avesse davvero intenzione di ascoltare l’opposizione, dovrebbe confrontarsi al più presto con il Comitato pro Lip-scuola, che ha chiesto ed ottenuto che alcuni parlamentari (primi firmatari Mussini al Senato e Paglia alla Camera) adottassero in forma di proposta di legge un testo scritto “dal basso” con metodi condivisi e democratici da docenti, studenti e genitori nel 2006. Testo al cui aggiornamento si sta lavorando nei comitati locali a favore della Lip che sono risorti, come 10 anni fa, in molte città italiane.

Si tratta di un articolato di legge che tiene dentro intransigentemente il dettato degli artt. 3, 33 e 34 della Costituzione e che fornisce peraltro chiavi di lettura convincenti anche per l’assunzione dei precari, impegnando lo Stato a organici stabili a copertura completa delle necessità, anche attraverso una diminuzione del rapporto alunni-docente e un alleggerimento delle “classi pollaio”. Determinando, peraltro, un reale organico funzionale e non un ibrido professionale quale quello proposto da La Buona scuola di Renzi. Individuare in chi ha fatto opposizione al progetto renziano un antagonista delle assunzioni è dunque improponibile.

L’articolato, al momento, è sostenuto – con le regole di ingaggio che furono della prima stesura, in cui ciascun soggetto vale uno e allo stesso modo; con una infaticabile discussione per portare ad una sintesi condivisa le modifiche; con una convergenza comune su tutti i soggetti che difendono la democrazia costituzionale in questo Paese- da Unione degli Studenti, Flcgil, Unicobas, Gilda e da alcune associazioni professionali come il Movimento di Cooperazione Educativa, oltre che da moltissimi docenti. Si tratta di una realtà in forte crescita, determinata, consapevole; se davvero esiste una volontà di confronto, chiediamo – come abbiamo fatto tante volte in passato, senza ricevere risposta; come abbiamo fatto, inviando al governo e al Miur le mozioni dei collegi dei docenti che si sono pronunciate in autunno contro La Buona Scuola, senza avere possibilità di interlocuzione – di essere ascoltati realmente.

La scuola non sarà disposta a scegliere tra il giusto diritto all’assunzione dei precari e una delega in bianco al governo Renzi.

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