Assunto come tirocinante per svolgere un lavoro da dipendente. Con questa motivazione l’ispettorato del lavoro ha stabilito, per l’azienda Family Restaurant, che gestisce in franchising il ristorante Mc Donald’s di Bologna, tra via Ugo Bassi e via Indipendenza, l’obbligo di versare i contributi a un’ex lavoratore ventenne, assunto nel 2013 con un contratto di tirocinio della durata di un anno “anche se in realtà – spiega Gaia Stanzani della Filcams Cgil di Bologna – l’incarico che ha ricoperto era quello di banconista presso il fast food”.

Il 15 ottobre del 2013, infatti, il lavoratore era stato assunto da Bologna Family Restaurant con un contratto di tirocinio della durata di un anno: 500 euro al mese di retribuzione, per un orario di lavoro da 30 ore settimanali, sei giorni la settimana. Il tutto certificato da Iscom, ente formativo che fa capo ai commercianti di Ascom di Bologna. Il 31 luglio del 2014, in anticipo rispetto alla scadenza del contratto, tuttavia, il rapporto di lavoro si era interrotto: “Al ragazzo – spiega Stanzani – era stata comunicata la risoluzione unilaterale del tirocinio, senza particolari spiegazioni. A quel punto il lavoratore si è rivolto alla Cgil, che già si era occupata di quell’esercizio per verificare le condizioni dei dipendenti al suo interno, e la decisione era stata quella di ricorrere all’ispettorato del lavoro, richiedendone l’intervento perché gli venisse riconosciuto il carattere subordinato del suo rapporto di lavoro”.

Richiesta che l’ispettorato ha accolto. “Pochi giorni fa, infatti, è arrivato, per l’azienda, l’obbligo di versare i contributi all’ex tirocinante come fosse stato un dipendente, riconoscendo di fatto – sottolinea il sindacato – che il tirocinio non era reale. Anche perché, pur percependo uno stipendio di tre volte inferiore a quello dei colleghi assunti con contratto da dipendente, il lavoratore non ha mai ricevuto alcuna formazione, posto che ne serva una di un anno per imparare a pulire i bagni, i tavoli e servire delle patatine”.

Una storia come ne accadono molte nell’Italia della crisi e della disoccupazione, come raccontato più volte da ilfattoquotidiano.it: “Troppo spesso il tirocinio viene scelto dalle aziende per essere più competitive, perché costa tre volte in meno visto che il tirocinante non ha diritto alle  ferie, ai permessi, agli straordinari e ai contributi. E chi cerca lavoro, in questo caso parliamo di giovani, accetta perché fatica a trovare altri impieghi, con la speranza di essere poi stabilizzato, cosa che raramente accade. Così le aziende se ne approfittano sottopagandoli, e costringendoli a lavorare come fossero veri e propri dipendenti”.

“Noi da tempo, come Cgil, seguiamo la multinazionale Mc Donald’s, i cui ristoranti, in Italia, per la maggior parte sono gestiti franchising, ma non è sempre facile conoscere l’esito delle segnalazioni all’ispettorato del lavoro proprio perché comunica direttamente con i lavoratori stessi, privatamente. Questa, quindi, è una prima vittoria significativa: dimostra che denunciare non solo permette di restituire dignità al lavoro, ma anche di recuperare i propri diritti”. Ciò che manca, secondo la Cgil, sono i controlli: “I tirocini sono sempre certificati da un ente formativo, in questo caso Iscom – sottolinea Stanzani – anche perché poi l’azienda riceve dalla Regione degli sgravi. Come mai nessuno ha verificato?”.

Nel caso dell’ex tirocinante bolognese, che nel frattempo è riuscito a trovare un altro impiego, comunque, fa sapere il sindacato, la battaglia non è finita. “Non basta il versamento dei contributi – conclude Stanzani – ora agiremo perché al ragazzo venga riconosciuta anche la differenza retributiva, e per far sì che il tirocinio non venga più utilizzato come tipologia di contratto per coprire in realtà posti di lavoro da addetti banconieri nei fast food”.

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