Chi l’ha detto che le pizze a domicilio sono solo materia di studenti squattrinati, in cerca di un lavoro serale? A Bologna un gruppo di fuorisede, con il frigo sempre vuoto, sulle pizze a casa ha costruito una società gioiellino da 240mila utenti, mai in passivo, in grado di attirare gli interessi del mercato straniero. Sono bastati un’idea, un po’ di dimestichezza con il web, e un investimento iniziale di poche decine di migliaia di euro. Stiamo parlando di Pizzabo.it, il sito per ordinare con un clic, nato da un’intuizione di un programmatore 29enne, Christian Sarcuni. A sei anni dalla nascita, la startup made in Emilia è stata comprata dalla multinazionale tedesca Rocket Internet, per una somma a sei zeri. E anche se la cifra esatta rimane segreta e coperta dal massimo riserbo, di sicuro quello di Pizzabo è un grande salto, che all’inizio nemmeno gli ideatori, tutti sotto i 30 anni, potevano immaginare.

“Siamo soddisfatti, perché il gruppo di Rocket è molto attento alle peculiarità del territorio, e ci manterrà alla guida del progetto. In questo modo daremo una grossa accelerata alla nostra attività: oggi siamo presenti, oltre che a Bologna, in cinque centri, ma puntiamo ad allargarci sulle altre principali città d’Italia”. A parlare è Livio Lifranchi, 28 anni, originario di Matera come Sarcuni, ed ex studente dell’Alma Mater. E’ uno dei soci fondatori presenti fin dall’inizio, e oggi si occupa del marketing e della promozione. “L’idea – racconta – è venuta nel 2008 a Christian Sarcuni, che all’epoca era fresco di laurea in Scienze di Internet. Bologna è piena di locali che effettuano il servizio a domicilio, visto anche il numero di universitari che spesso non sanno o non hanno voglia di cucinare, e ripiegano sulla pizza”. Da qui, è nato il pensiero di mettere tutto online per offrire un rapido confronto: selezionare le migliori pizzerie, così da poter ordinare con il mouse, senza alzare la cornetta del telefono.

“In pochi mesi abbiamo creato il sito, cercato i locali disposti a partecipare, e avviato campagne promozionali nelle zone universitarie della città. All’inizio è stato un salto nel buio, non sapevamo cosa sarebbe successo, ma ci abbiamo creduto e investito, e alla fine è andata bene. Siamo sempre rimasti in attivo e abbiamo replicato il modello anche a Padova, Pisa, Parma, Ferrara e Milano”. Il meccanismo è semplice. I ristoranti che aderiscono a Pizzabo hanno in comodato d’uso gratuito un dispositivo creato ad hoc. Una volta che il cliente sceglie la pizza (si possono anche selezionare gli ingredienti, in base alle proprie preferenze), il dispositivo stampa l’ordine e rimanda poi una conferma, con il tempo di attesa per la consegna, all’utente.

Oggi Pizzabo muove un giro di almeno un milione di ordini all’anno, mentre i ristoranti che si appoggiano al sito sono oltre 300. Non tutti però possono entrare a fare parte del circuito. “A Bologna abbiamo 150 locali convenzionati, ma in realtà sono più di 300 quelli che hanno fatto richiesta di adesione. Questo perché facciamo una selezione basata sui feedback e i suggerimenti degli utenti. Siamo convinti che in Italia le persone siano legate al buon cibo. E’ impensabile quindi offrire un servizio in cui puoi ordinare da chiunque, senza una distinzione basata sulla qualità”.

Articolo Precedente

Vaccini, “non c’è nesso con autismo”. Corte appello annulla condanna ministero

next
Articolo Successivo

Tfa Bologna, corsi in ritardo e zero programmi. Lettera degli iscritti al rettore

next